Vetro per smartphone: l’ingegneria incontra un materiale “tradizionale”

Vetro per smartphone e durabilità

Vetro per smartphone e durabilità

Dall’uscita del nuovo iPhone 12 si è parlato molto dell’innovativo vetro ai cristalli di nano-ceramica, ribattezzato Ceramic Shield da Apple, con cui l’azienda di Cupertino ha voluto decretare la propria supremazia nel campo dei vetri per smartphones. Tuttavia, questo è stato solo l’ultimo di una lunga serie di avanzamenti tecnologici avvenuti negli ultimi anni in ambito di vetro per l’elettronica di consumo. Uno dei leader nella produzione di vetro ad alto livello tecnologico è l’azienda americana Corning®, molto nota per i suoi vetri rinforzati Gorilla Glass® e per il Pyrex®, l’iconico vetro borosilicato con un’elevata resistenza allo shock termico utilizzato anche nelle stoviglie da forno.

Un sondaggio eseguito dalla Corning ha evidenziato come i consumatori ritengano che la durabilità sia il principale fattore di acquisto per uno smartphone dopo il brand. In fondo a chi non è mai capitato lo spiacevole inconveniente di danneggiare lo schermo del proprio cellulare? Magari anche comprato da poco. Per questo gli sforzi incentrati a potenziare la resistenza degli schermi ad urti e a graffi sono aumentati esponenzialmente e con loro anche la complessità dei materiali utilizzati per raggiungere tale scopo.

Vetro per smartphone: è davvero un materiale fragile?

Quando si pensa al vetro ci si immagina, sbagliando, un materiale intrinsecamente “fragile” poco portato a resistere a sollecitazioni meccaniche di sorta. Vi sorprenderà sapere che la resistenza teorica del vetro, ovvero quella calcolata sulla base dei legami chimici all’interno del materiale, si aggira intorno ai 40 GPa. Per darvi un’idea di cosa sono 40 GPa, sappiate che un acciaio ad alta resistenza ha una resistenza meccanica di “soli” 1-3 GPa! Tuttavia in realtà il vetro non possiede queste caratteristiche meccaniche: la sua resistenza reale è ben al di sotto di quella di un acciaio. Ciò è dovuto alla bassa tenacità a frattura del vetro, la quale si aggira intorno a 1 Mpa m1/2 contro i 20-120 Mpa m1/2 di un acciaio.

Proprietà meccaniche del vetro. Credits: Archivetro

Potete interpretare questa proprietà del materiale come la sua sensibilità alla presenza di difetti: più la tenacità a frattura è bassa, più la resistenza meccanica del materiale scende rispetto a quella teorica in presenza di difetti anche microscopici. Ad esempio, considerando un moderno vetro per dispositivi smart avente tenacità a frattura di 0,75 Mpa m1/2 con un graffio sulla superficie di un decimo di millimetro, la sua resistenza meccanica a trazione cala a 84 MPa, solo lo 0,21% di quella teorica! Questo è il motivo per cui evitare la formazione di difetti durante i processi di produzione del vetro, così come aumentare la resistenza al graffio dello stesso, risulta determinante nell’allungare la vita dei nostri dispositivi elettronici.

Resistere ai graffi

Per aumentare le possibilità di sopravvivenza degli schermi alle nostre indaffarate giornate è necessario limitare il formarsi di difetti che possano comprometterne la resistenza. Fortunatamente qui entra in gioco la durezza del vetro, la quale non ha nulla da invidiare agli acciai dato che si attesta intorno ai 6 GPa (durezza Vickers). La durezza è una proprietà meccanica che esprime la resistenza alla penetrazione di un materiale, o equivalentemente, alla deformazione plastica localizzata. Per farla semplice pensate che il materiale più duro incide quello meno duro. Perciò, in linea di massima, qualsiasi oggetto che entra in contatto col vostro telefono dovrà avere una durezza maggiore del vetro per poterlo danneggiare incidendolo.

La scala di Mohs per la durezza. Credits: National Park Service
La scala di Mohs per la durezza. Credits: National Park Service

Una scala di durezza poco utilizzata in ambito tecnico, ma molto utile a capire il concetto, è la scala Mohs. Questa scala di durezza si basa su una semplice prova del tipo “cosa incide cosa” per classificare i materiali testati. Molti oggetti comuni possiedono una durezza Mohs inferiore ai 5-6 del vetro temprato, perciò difficilmente delle chiavi potranno rigare il vostro luccicante smartphone di ultima generazione.

Il vetro per smartphone rinforzato chimicamente

Anche nei migliori dei casi un vetro non è mai “antigraffio” e quindi ci sarà sempre una certa probabilità di avere un difetto tale da minare la resistenza dello schermo dello smartphone. Come fare quindi per rimediare al problema? La risposta è la tempra del vetro. Come già spiegato in un altro articolo, il vetro può essere rafforzato in due modi: con la tempra termica e con la tempra chimica. Entrambe hanno come risultato il formarsi di uno strato di sforzi di compressione sulla superficie del materiale, il quale agisce contro la propagazione delle cricche in presenza di una sollecitazione meccanica. Il risultato finale del trattamento è quindi una tenacità a frattura migliorata con una conseguente minore sensibilità ai difetti e maggiore resistenza meccanica.

Nei vetri destinati agli schermi gli spessori sono molto piccoli e di conseguenza l’unica scelta pratica è la tempra chimica che permette di ottenere strati di compressione anche molto sottili. La tempra chimica avviene mediante il processo di scambio ionico in cui il vetro viene immerso in una soluzione contenente nitrato di potassio (KNO3) in modo da forzare lo scambio degli ioni sodio Na+ contenuti nel vetro con gli ioni potassio K+ forniti dalla soluzione.

Vetro per smartphone temprato chimicamente: prima e dopo lo scambio ionico. Credits: neg-co.jp
Vetro per smartphone temprato chimicamente: prima e dopo lo scambio ionico. Credits: neg-co.jp

Siccome la dimensione degli ioni potassio è maggiore del 37% rispetto a quella degli ioni sodio, nel vetro si genera uno sforzo di compressione dovuta alla deformazione della sua struttura. Potete immaginarvi il processo come se cercaste di sostituire alcune persone (ioni sodio) con dei giocatori di rugby (ioni potassio) in un bus all’ora di punta, sicuramente starebbero tutti più stretti.

Articolo a cura di Axel Baruscotti