La parola più cercata su Bing è ‘Google’: così l’azienda, attraverso le parole dell’avvocato Alfonso Lamadrid, si è difesa di fronte alla corte europea. La battaglia legale tra l’Unione Europea e Google è cominciata il 27 settembre scorso, dopo che l’azienda statunitense ha richiesto il ritiro della multa da 43.4 miliardi di euro emessa nel 2019. Un abuso di “potere” da parte di Google secondo la corte di giustizia, alla quale l’azienda replica che “le persone usano Google perché vogliono farlo, non perché sono costrette“.
La lotta giudiziaria è appena cominciata, e Google non ha intenzione di pagare la multa a suo dire ingiusta. L’accusa ritiene che l’azienda di servizi stia abusando la sua posizione predominante per imporsi sui produttori e obbligarli a installare applicazioni come Chrome e Search per poter fornire, in cambio, l’accesso a Google Play.
Google ha così tanto successo da essere il termine più cercato su Bing. La battaglia tra Alphabet Inc., casa madre di Google, e l’Europa sta proseguendo anche a colpi di “battute”, seppur vere. Questo però non basterà a far cambiare idea alla corte europea, che accusa l’azienda di aver sfruttato la sua posizione privilegiata per forzare diversi produttori di dispositivi mobili a installare le proprie applicazioni e inserire Chrome come motore di ricerca predefinito.
Abbiamo presentato la prova che dimostra che il termine di ricerca più comune su Bing è ‘Google’. Le persone usano Google perché scelgono di farlo, non perché sono obbligate. La quota di mercato dell’azienda nella ricerca generica è coerente coi sondaggi dei consumatori, che mostrano come il 95% degli utenti preferisca Google agli altri motori di ricerca.
Alfonso Lamadrid, avvocato di Alphabet Inc.
Google si scontra così contro la commissione europea, sostenendo l’ingiustizia della condanna. Le prove portate dall’azienda mostrano chiaramente la preferenza dei consumatori. Non che ci fossero dubbi su questo, ma ci si chiede se queste dimostrazioni siano sufficienti a sollevare Google dall’accusa. Se da una parte, infatti, è indubbio che gli strumenti dell’azienda siano tra i più usati al mondo e i preferiti, dall’altra si sta ponendo l’attenzione su un punto ben diverso.
Secondo la corte europea di giustizia la pratica scorretta di Google sta nell’aver imposto ai produttori di smartphone e tablet Android di preinstallare Search e Chrome sui loro dispositivi. In cambio, l’azienda gli avrebbe concesso di poter accedere a Google Play. Google inoltre avrebbe impedito ai fornitori di usare versioni Android derivate (Fork), basate sul progetto open source AOSP. Secondo le prove raccolte dalla corte, questa modalità d’azione andrebbe avanti dal 2011 e avrebbe portato di fatto al monopolio degli smartphone da parte di Google. L’azienda, da parte sua, nega ogni accusa, dichiarando che Android ha sempre fornito le stesse possibilità a tutti.
La battaglia legale si prospetta molto lunga ed è difficile prevedere come finirà. La multa richiesta non è la prima per Google: nel 2017 l’Europa aveva sanzionato l’azienda per un ammontare di 2.42 miliardi per Google shopping. Anche in questo caso l’accusa è di aver accordato un vantaggio legale al servizio di acquisto, promuovendolo a discapito di quelli dei concorrenti.
Google ha tenuto un comportamento illegale ai sensi delle norme Antitrust dell’UE perché ha impedito ad altre imprese di competere in base ai propri meriti e di innovare. Ma soprattutto, ha negato ai consumatori europei la possibilità di scegliere liberamente i servizi e di sfruttare appieno i vantaggi dell’innovazione.
Margrethe Vestager, Commissaria responsabile per la Concorrenza. Dal comunicato stampa della Commissione Europea del 27 giugno 2017
Google da parte sua si difende dichiarandosi il fornitore di servizi preferito dagli utenti e si affida alla ricerca di AHREFS, azienda fornitrice di servizi SEO. Secondo il report, ‘Google’ è la parola più cercata su Bing su scala globale, e terza negli Stati Uniti. A seguire YouTube e Facebook, e in quarta posizione Gmail. Si parla di un volume di ricerca mensile di 40.6 milioni di ricerche col termine ‘Google’, corrispondente al 13.2% delle ricerche totali. La preferenza degli utenti è indiscutibile, ma resta da capire se l’azienda abbia usato pratiche scorrette per raggiungere un tale livello di “dominio”.