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L’umanoide subacqueo OceanOne rivoluziona l’esplorazione dei fondali

OceanOne è il nome del nuovo robot subacqueo dalle sembianze umane. Il suo obiettivo è esplorare i fondali marini, inaccessibili all’uomo, e lo fa grazie alla sua intelligenza artificiale e al sistema di pilotaggio da remoto.

I ricercatori del Stanford Robotics Lab hanno dato il via al progetto per una necessità:

L’idea di OceanOne è nata dal bisogno di studiare le barriere coralline situate in profondità nel Mar Rosso, di gran lunga al di sotto delle possibilità dei subacquei umani. Nessun robot subacqueo esistente riusciva a immergersi con l’abilità e l’attenzione di un uomo.

In poco tempo è nato OceanOne, quello che definiscono un “robot-sirena”, alto circa 1 metro e mezzo, dotato di visione stereoscopica che mostra al pilota esattamente ciò che vede il robot, due braccia articolate e con un corpo destinato a ospitare le batterie, i computer e otto propulsori.

La caratteristica più interessante del robot è di essere pilotabile. La sua intelligenza gli consente di agire efficacemente in determinate situazioni, come ad esempio riesce a capire quanto stringere un oggetto per avere una presa solida su questo senza danneggiarlo, ma gestendo l’umanoide a distanza si può sfruttare la conoscenza e l’abilità dell’uomo per esplorare il fondale marino.
A questo scopo OceanOne è stato dotato di sensori tattili che forniscono al pilota il feedback necessario per lavorare al meglio, così dalla terraferma si può capire se il robot tiene il mano qualcosa di solido e pesante o leggero e delicato. In più l’operatore utilizza appositi dispositivi tramite i quali si possono gestire i movimenti meccanici delle mani dell’umanoide quasi come se fossero le proprie mani.
Il professore di Computer Science Oussama Khatib, a capo del progetto, ha spiegato:

Tu puoi sentire esattamente ciò che il robot sta facendo. È come essere lì; tramite il tatto si crea una nuova dimensione di percezione.

Le esplorazioni di OceanOne

Il subacqueo robotico ha già compiuto alcune importanti immersioni, tra queste ha esplorato la nave La Lune, che faceva parte della flotta navale di re Luigi XIV, affondata nel 1664.
All’interno del team che ha guidato la missione, esperti archeologi che hanno studiato il sito, alcuni ingegneri e il professore Khatib. Sceso fino a 100 metri sott’acqua, l’umanoide ha portato in superficie un piccolo vaso rimasto sommerso per centinaia di anni.

Molte altre esplorazioni saranno svolte, anche a maggiori profondità. La tecnologia sviluppata alla Stanford University permetterà ricerche che prima non erano possibili e sarà probabilmente utilizzata anche al di fuori del mondo subacqueo.

Abbiamo connesso l’uomo al robot in un modo intuitivo e significativo. L’uomo fornisce l’esperienza, l’intuizione e le abilità cognitive al robot. Tra i due si instaura un’incredibile sinergia. L’uomo e il robot possono operare insieme in aree troppo pericolose per una persone.

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Alessandro Luppi