Chi non ama i robottoni giganti? I cartoni giapponesi anni ’70-’80 ci hanno insegnato bene e quindi i Jaeger, le colossali macchine umanoidi di Pacific Rim (2013), non potevano che farci impazzire. Il film di Guillermo del Toro, che ha visto uscire il suo sequel lo scorso anno sotto il nome di “Pacific Rim – La rivolta”, ci ha mostrato la battaglia tra “i cugini dei Transformers”, guidati da due piloti, e i Kaiju, gli enormi mostri proveniente dalla breccia aperta da una civiltà extraterrestre nelle profondità dell’Oceano Pacifico.
Noi ingegneri abbiamo sognato più di una volta di costruire l’armatura di Iron Man, ma anche dei robot in perfetto stile Vultus V. Ma cosa c’è di vero dietro la tecnologia che permette a due persone di collegare le proprie menti per far muovere una macchina da 7 mila tonnellate?
Tecnicamente i Jaeger non sono dei robot in quanto hanno bisogno dei piloti per poter funzionare. Sono enormi macchine da guerra che necessitano di due menti, una per l’emisfero destro e l’altra per quello sinistro, in quanto una sola non sarebbe in grado di controllare qualcosa di così gigantesco. Più queste menti saranno compatibili, più facile sarà usare il robot in battaglia.
Per far ciò, utilizzano un meccanismo chiamato “drifting” (o drift) che connette i cervelli dei due piloti, facendoli condividere i propri ricordi in modo da trasformarli in un tutt’uno con la macchina.
Attualmente, gli sviluppi nel campo delle interfacce cervello-computer (BCI), sono un timido passo verso questa tecnologia fantascientifica. Le BCI si basano sulla ben nota elettroencefalografia della tecnica medica, sebbene le applicazioni odierne (controllo di un mouse o digitazione di un testo con il solo pensiero) siano comparativamente grossolane rispetto ai rapidi movimenti in tempo reale mostrati in Pacific Rim.
Proprio come propone il film, pare che alcuni studi, tra cui uno dell’Università dell’Essex, abbiamo dimostrato che che due menti sarebbero più efficaci per guidare un’astronave simulata attraverso una BCI. La ricerca è stata presentata all’International Conference on Intelligent User Interfaces tenutasi nel 2013 a Santa Monica, in California.
I segnali EEG di un solo cervello possono dimostrarsi deboli o poco costanti, sopratutto se si subisce un calo dell’attenzione. L’aggiunta di un secondo cervello potrebbe produrre segnali EEG più chiari, nonché compensare i momenti di debolezza del cervello compagno.
Un altro studio, pubblicato sulla rivista PLoS One, è andato oltre il controllo in due persone e ha esaminato l’effetto di avere gruppi di 5, 10, 15 e 20 soggetti che hanno cooperato attraverso una BCI. I risultati hanno mostrato un sostanziale miglioramento sia nel tempo di risposta che nella precisione di un movimento da parte della macchina.
Un’altro aspetto già testato nella realtà è la possibilità di trasmettere pensieri tra due persone.
Un team di scienziati guidati dal dott. Giulio Ruffini di Starlab Barcelona, in Spagna, ha trasmesso con successo le parole “hola” e “ciao” tra due soggetti utilizzando l’elettroencefalogramma e le tecnologie, robotizzate e guidate da immagini, di stimolazione magnetica transcranica, collegate insieme attraverso Internet.
“Volevamo scoprire se si potesse comunicare direttamente tra due soggetti leggendo l’attività del cervello da una persona e iniettando l’attività cerebrale nella seconda persona, e farlo attraverso grandi distanze fisiche sfruttando i percorsi di comunicazione esistenti”, ha detto il ricercatore Dr. Alvaro Pascual-Leone.
Quattro volontari, di età compresa tra i 28 e i 50 anni, hanno partecipato allo studio. Uno è stato assegnato alla BCI che ha inviato le parole, i restanti sono stati assegnati all’interfaccia computer-cervello (CBI) per ricevere i messaggi e capirli. La prima interfaccia si trovava in India e la seconda in Francia, distanti 8046 Km.
Un esperimento simile è stato condotto anche tra individui in Spagna e Francia. Il tasso di errore totale è stato del 15%, un’11% nella decodifica e un 5% alla codifica iniziale.
“Sebbene di natura certamente limitata, questi risultati iniziali suggeriscono nuove direzioni di ricerca, compresa la trasmissione diretta non invasiva di emozioni e sentimenti o la possibilità di sintesi sensoriale negli esseri umani”, hanno affermato i ricercatori.
Quindi nel nostro futuro ci saranno robot giganti guidati da una coppia di piloti? Probabilmente no, ma una BCI collettiva potrebbe portare a un più efficiente rapporto con le attività digitali come può essere l’analisi di database o persino i videogiochi.