SpaceX: l’hardware che ha permesso l’impresa
SpaceX ha cambiato il modo di concepire lo spazio: 61 successi per un totale di 66 lanci; 28 booster atterrati e razzi riutilizzabili che permettono di ridurre i costi a circa 62 milioni di dollari a lancio. Com’è stato possibile tutto questo? Una parte del merito va sicuramente all’hardware e al software che controlla il tutto.
Mi sono sempre chiesta come facesse SpaceX a selezionare i componenti hardware e quali software utilizzasse. Molte di queste informazioni non sono disponibili in quanto il governo degli Stati Uniti le considera classificate. Un razzo come il Falcon 9 è basicamente un missile che va nello spazio quindi nelle mani sbagliate questo tipo di tecnologia può creare danni impensabili. Nonostante l’informazione sia limitata, abbiamo una buona panoramica su quali software e hardware vengano utilizzati e quali siano le sfide che affronta il team davanti a un duro ambiente come lo spazio.
Il segreto del successo? I componenti COTS!
SpaceX non usa costosi componenti Radiation-Hardened (rad-hard), cioè quei dispositivi immuni agli effetti delle radiazioni sull’elettronica che usiamo sulla Terra. SpaceX usa invece dei normalissimi componenti COTS.
I componenti COTS, in inglese “Commercial Off-the-Shelf” component, sono componenti hardware e software disponibili sul mercato per l’acquisto da parte di aziende di sviluppo interessate a utilizzarli nei loro progetti. L’uso di componenti COTS hardware rappresenta una possibilità consolidata.
Come fa SpaceX a selezionare i componenti?
SpaceX segue due condizioni fondamentali: la prima è che le parti devono essere capaci di gestire i propri task (ovviamente); la seconda è la considerazione dei tipi di strumenti disponibili per quel particolare componente.
Gli strumenti determinano le figure professionali che SpaceX può assumere. L’hardware COTS è molto generico e quindi necessita di software e strumenti che la maggior parte degli sviluppatori conosce. Questo vuol dire che SpaceX ha meno problemi a trovare buoni ingegneri.
Le componenti rad-hard lavorano con linguaggi di programmazione speciali che solo poche persone conoscono; ciò riduce la capacità di assumere personale. Le componenti COTS sono anche più economiche e permettono a SpaceX di testare più estesamente questi sistemi.
Secondo John Muratore, ex direttore del Dipartimento di Certificazione Velivoli di SpaceX, oltre 40 computer di volo sono stati sottomessi a test e sviluppo da parte degli ingegneri. Cosa impossibile da fare con dell’hardware costoso e difficile da trovare.
A questo punto possiamo pensare: Davvero la NASA permette a SpaceX di usare coponenti COTS per la realizzazione dei razzi? La risposta è sì! La NASA non richiede componenti rad-hard, pretende invece delle ricerche approfondite su quali effetti possono avere le radiazioni sulle loro navicelle. Se sanno come vengono affetti i componenti, sapranno come compensare i possibili guasti.
Infatti, la configurazione usata da SpaceX viene chiamata “tollerante alle radiazioni” ed è un’alternativa alle costosissime componenti rad-hard. La NASA stessa non usa esclusivamente componenti resistenti alle radiazioni: la Stazione Spaziale Internazionale è composta da un misto di rad-hard e usa portatili comuni per alcuni controlli. Persino alcune componenti dello Space Shuttle erano tolleranti alle radiazioni e non rad-hard.
La ridondanza, la miglior alleata contro gli effetti delle radiazioni
Ogni Dragon (capsula orbitale da trasporto, gioiello di SpaceX), è controllata da 3 computer di bordo, ognuno di essi alimentato da un processore dual core x86. I computer non usano la capacità del multicore, bensì ognuno di essi realizza gli stessi calcoli in ogni core indipendentemente e confrontano il risultato tramite un dispositivo chiamato “votatore”. Questa è l’idea alla base della cosiddetta “tripla ridondanza”.
I tre computer possono essere quindi considerati come 6 computer che si controllano a vicenda i risultati. Se uno di essi viene colpito dalla radiazione (l’effetto più frequente è il bit flip, cioè il cambiamento di stato di un bit) e produce un calcolo erroneo, gli altri riescono ad individuarlo. In questo modo il computer che da l’errore può essere riavviato per prevenire fallimenti.
Dopo il riavvio, il computer deve eseguire un re-sync che consiste nel copiare la memoria degli altri computer per poter eseguire gli stessi programmi (un po’ come poter riavviare il proprio computer con la possibilità di ripristinare tutte le finestre che erano aperte prima del riavvio).
Dragon può anche gestire una situazione in cui tutti e tre i computer si trovino in una situazione di guasto dovuto alle radiazioni. Oltre ai 3 computer di bordo, ha altri 18 sistemi che usano la tripla ridondanza, questo porta l’ammontare dei processori a 56! (la capsula Apollo ne aveva 3). Tutto questo per una singola capsula Dragon.
Un tecnologia ormai consolidata
La capsula Dragon, però, non è da sola. Anche i Falcon 9 hanno dei sistemi ridondanti: 3 computer per ogni motore (9×3=27) più un computer principale anche esso ridondato, per un totale di 30 processori. Se consideriamo il nuovissimo Falcon Heavy, il numero di processori sale a 84 (81 che servono a controllare i 27 Merlin più i 3 del computer principale). In questi calcoli, però, non abbiamo considerato i computer di bordo dei secondi stadi, quindi il numero reale di processori coinvolti in ogni lancio è molto più elevato.
L’avionica di un singolo razzo comprende inoltre, ricevitori GPS (Global Positioning System), unità di misurazione inerziale, controller progettati e prodotti da SpaceX per il controllo del veicolo (propulsione, valvola, pressurizzazione, interfacce di separazione e carico utile), una dorsale di rete, trasmettitori a banda S e trasponditore a banda C per il tracciamento della soglia di sicurezza. I trasmettitori a banda S sono utilizzati per inviare telemetria e video a terra, sia dal primo che dal secondo stadio, anche dopo la separazione.
Questa era la situazione nel 2015. Informazioni più recenti sono quasi impossibili da reperire. Possiamo, però, supporre che attualmente ci siano altri processori per il controllo dell’atterraggio dei primi stadi. La situazione non sarà cambiata molto, in quanto è una configurazione che funziona, ma soprattutto, che risponde ai criteri di Dependability (la proprietà di un sistema di essere adeguato a che un essere umano possa dipendere da esso, senza correre rischi inaccettabili): disponibilità, affidabilità e sicurezza.
Nel prossimo articolo parlerò del software che controlla e permette a tutte questi componenti di funzionare come un tutt’uno ad ogni lancio, lanci che ci fanno sognare in questa “corsa allo spazio” del XXI secolo, dove SpaceX gioca, senza ombra di dubbio, un ruolo da vera protagonista.