Con il lockdown (quasi) mondiale per il contenimento del coronavirus, lo smartworking è diventato la scelta obbligata per tante aziende, informatiche e non. Se infatti alcune realtà di consulenza o sviluppo software utilizzavano già il telelavoro come norma, la maggior parte si è dovuta adattare e riorganizzare per far fronte alle nuove necessità.
Jack Dorsey, CEO di Twitter, ha annunciato che questa modalità sarà mantenuta anche dopo l’emergenza. Tra le prime compagnie a imporre il lavoro da casa all’inizio dell’emergenza, sarà anche la prima a offrire l’opzione disponibile per sempre.
In Italia, come nel resto del mondo, lo smartworking si sta affermando sempre di più, pur incontrando ancora diverse barriere e resistenze. Parlando del nostro paese, il numero di smartworker sta aumentando di anno in anno: nel 2019 sono stati 570mila i lavoratori che hanno svolto le proprie attività da casa. La percentuale di imprese che ha avviato progetti in telelavoro è stata del 58%, e la crescita più significativa si è registrata nelle Pubbliche Amministrazioni.
Se confrontiamo però i dati col resto d’Europa, scopriamo di essere tra gli ultimi in classifica: la percentuale di chi lavora abitualmente da casa è del 3.6%, mentre la media è del 5.13%.
Perché in Italia c’è così tanta resistenza? In parte le motivazioni vanno trovate, purtroppo, nel basso livello di utilizzo di Internet. Secondo il rapporto dell’ISTAT “Cittadini, imprese e Ict” il 30% degli italiani non ha usato internet nell’ultimo anno, e il 25% delle famiglie non possiede una connessione. Percentuali che sembrano assurde, ma che riflettono lo stato della tecnologia in Italia. Questo limita, di conseguenza, la possibilità di adottare lo smartworking anche al di fuori delle realtà informatiche.
Tra le barriere troviamo anche una mancanza di interesse, e a volte anche rifiuto, da parte dei capi e dirigenti. Molti di essi sono ancora improntati sul rispetto di un orario fisso di lavoro, sul timbrare il cartellino e avere uno stretto controllo della produttività dei propri dipendenti. Dall’altro lato, però, i lavoratori hanno trovato benefici nello smartworking, in particolare per quanto riguarda la capacità di bilanciare vita privata e lavorativa con più serenità, riuscendo a guadagnare più tempo per sé.
Gli smartworker risultano essere più soddisfatti del proprio lavoro rispetto agli altri dipendenti (76% vs 55%) e tendono a rimanere di più nella stessa azienda (71% vs 56%). Oltre a una maggiore facilità di organizzazione personale, tra i principali benefici troviamo anche una percezione di maggior coinvolgimento nella vita aziendale e responsabilità.
Dal lato opposto, le criticità emerse riguardano una maggiore difficoltà, soprattutto per i responsabili, nella gestione delle urgenze e nella pianificazione delle attività. La poca conoscenza di tecnologie e strumenti adatti a questo scopo riducono la volontà di applicare lo smartworking. Per quanto riguarda invece i dipendenti, il blocco maggiore è dovuto al senso di isolamento e alle distrazioni esterne, seguiti dai problemi di comunicazione virtuale. Molti lavoratori, inoltre, non possiedono ambienti adatti a favorire il lavoro telematico, né la strumentazione idonea.
Sebbene gli uffici di Twitter riapriranno (non prima di Settembre, comunque), i dipendenti potranno scegliere se tornare in azienda o continuare a lavorare da casa anche dopo il termine dell’emergenza. La produttività e la qualità dei risultati si sono rivelati all’altezza dei bisogni, e l’azienda ha quindi deciso di offrire la possibilità del telelavoro a tempo indeterminato.
Google, Facebook e Amazon hanno invece deciso di prolungare lo smartworking fino a fine anno, riaprendo qualche mese prima gli uffici per chi vorrà tornare.
Nel frattempo in Italia la ministra Fabiana Dadone chiede alle aziende di orientarsi verso un’ottica di smartworking stabile. Tramite una circolare la ministra invita a “rendere lo smart working una solida realtà nell’organizzazione del lavoro pubblico“. Specifica inoltre che ” stiamo individuando gli strumenti migliori per far sì che un cambiamento improvviso possa trasformarsi in una rivoluzione permanente“.
www.zerounoweb.it/smart-working/smart-working-2019-ecco-a-che-punto-siamo-in-italia/
https://www.osservatori.net/it_it/osservatori/comunicati-stampa/crescita-smart-working-engagement-italia-2019