Un amico si distrae inizia a guardare lo schermo dello smartphone e noi esattamente il secondo dopo prendiamo il nostro cellulare e ne imitiamo il comportamento. Chi di noi può dire di non averlo fatto durante una cena o una semplice uscita? L’università di Pisa ha studiato il fenomeno della cosiddetta imitazione indotta dallo schermo dello smartphone.
Ci sono fenomeni biologici che riescono a creare una maggiore connessione, familiarità e confidenza tra i soggetti interessati: tra questi i più famosi sono ridere e sbadigliare. Vi sarà sicuramente capitato, infatti, di fare uno sbadiglio qualche secondo dopo un vostro amico. Da oggi, dopo la ricerca dell’università pisana, se ne aggiunge un altro: guardare lo schermo dello smartphone.
La sperimentazione pubblicata su ” journal of Ethology ” afferma che bastano solo trenta secondi per creare il fenomeno di contagiosità “digitale”, indipendentemente dall’età, dalla familiarità e dal sesso delle persone coinvolte. I soggetti della ricerca sono stati sottoposti inconsapevolmente a due diversi stimoli. Nel primo test i ricercatori manipolavano e guardavano direttamente lo schermo illuminato dello smartphone, nel secondo caso si limitavano ad utilizzare il cellulare puntando lo sguardo lontano dallo schermo. Il team dell’ateneo pisano ha analizzato la risposta dei protagonisti dello studio ai due impulsi.
Il risultato della ricerca ha evidenziato che nel primo caso a causa dell’attenzione le persone dopo trenta secondi prendevano il loro smartphone, cosa che non accade nel secondo test. In conclusione si può affermare che il solo utilizzo del telefono non induce un fenomeno di mimica spontanea, ma è necessaria l’attenzione continua allo schermo.
Se sbadigliare e ridere in gruppo servono ad aumentare lo sviluppo delle relazioni interpersonali e la connessione, guardare lo schermo dello smartphone è invece un evento biologico di mimica spontanea alienante. Ridere e sbadigliare accrescono la nostra integrazione in un gruppo, osservare lo schermo illuminato invece estranea dalla realtà. Possiamo affermare che siano le due facce di una stessa medaglia. La nostra attenzione nell’arco di 30 secondi passa dall’osservare un altro essere umano allo schermo del nostro cellulare. Ancora una volta viene la confermata la potenza dei nostri smartphone.
Gli umani possono essere coinvolti nel fenomeno di mimica spontanea a causa di diverse motivazioni. I soggetti possono essere nella stessa situazione per esempio entrambi stanchi o attratti dalla stessa scena comica. Una seconda causa è dovuta alla contagiosità indotta. Ma non sono solo gli esseri umani ad essere coinvolti in tale fenomeno. Uno studio conferma la presenza di tale interazione e interconnessione anche tra gli scimpanzé i bonobo e i lupi.
La ricerca del Yerkes National Primate Research Center dell’Emory University ha rilevato che lo sbadiglio è causato da una sintonia e da una familiarità dei soggetti. Lo studio evidenzia che c’è una maggiore empatia tra gli scimpanzé che condividono lo sbadiglio. I ricercatori di Yerkes Matthew Campbell e Frans de Waalhave hanno effettuato un test considerando 23 scimpanzé adulti. Il risultato della ricerca dimostra inoltre che il fenomeno è più diffuso tra soggetti dello stesso gruppo sociale. La stessa connessione avviene per il dolore e la risata.
I nostri risultati supportano l’idea che lo sbadiglio contagioso può essere usato come misura di empatia, perché i pregiudizi che abbiamo osservato erano simili ai pregiudizi di empatia precedentemente visti negli esseri umani.
Matthew Campbell e Frans de Waalhave
L’empatia è difficile da misurare direttamente perché è una risposta in gran parte interna: imitare la risposta emotiva di un altro. Lo sbadiglio contagioso consente una misurazione della risposta empatica che è puramente comportamentale e quindi può essere applicata più ampiamente.
Matthew Campbell