Sensori bioelettronici, test ed esperimenti per migliorarli (news.rice.edu) - SystemsCUE
Sembra che ci sia un’università capace di realizzare dei sensori bioelettronici particolarmente efficaci: ecco di quali si tratta
Alcuni team di ricercatori spesso si impegnano per riuscire a fare delle scoperte straordinarie. Si tratta di scoperte che permettono all’umanità di avere grossi vantaggi e di poter sfruttare delle caratteristiche tecnologiche mai provate prima d’ora.
In particolare, sembra che sulla rivista Device i ricercatori della Rice University, che si trova a Houston, nel Texas, siano riusciti a fare proprio ciò. Come? Giungendo alla realizzazione di sensori bioelettronici che sono 7.000 volte più sensibili del normale.
Ma a cosa potrebbe servire una scoperta simile? Ebbene, potrebbe essere davvero molto importante: grazie a sensori con queste peculiarità si potrebbero prevenire quelli che sono elementi dannosi presenti nell’acqua o nell’ambiente.
Ma come funzionano questi sensori? E quali potrebbero essere le applicazioni pratiche? Ecco tutto quello che c’è da sapere a questo riguardo.
Secondo i ricercatori della Rice Univerity, questi sensori bioelettronici dovrebbero essere usati per il monitoraggio dell’ambiente e della salute degli esseri umani. Le loro potenzialità sono decisamente interessanti. Il team ha migliorato la sensibilità delle celle a combustibile enzimatiche e microbiche, utilizzando transistori organici elettrochimici (OECT). Questo approccio amplifica i segnali elettrici fino a 7.000 volte e migliora il rapporto segnale-rumore, aprendo la strada a biosensori più sensibili e a basso consumo per la salute e il monitoraggio ambientale.
Dunque, come si potrebbe facilmente intuire, i biosensori non sono solo più efficaci e precisi ma consumano anche minori risorse. Questo significa che si potrebbero usare ovunque e in modo adeguato. Entrando nel dettaglio, la tecnica utilizzata per la realizzazione dei sensori separa le celle a combustibile dagli OECT, ottimizzando le condizioni di entrambe le componenti e superando le limitazioni degli attuali biosensori, che spesso non funzionano bene in ambienti elettrolitici incompatibili.
I ricercatori della Rice University non si sono limitati a creare e realizzare i sensori: hanno anche deciso di testarli. Nella fattispecie, hanno testato due configurazioni (catodo-gate e anodo-gate), scoprendo che la prima garantisce la migliore amplificazione del segnale.
Ma a cosa potrebbero servire sensori del genere? Questa tecnologia permette applicazioni concrete come il rilevamento dell’arsenito nell’acqua e il monitoraggio metabolico tramite biosensori indossabili, utili ad atleti e pazienti. Inoltre, offre un nuovo approccio per progettare sensori su misura per diverse applicazioni. Insomma, potrebbero esserci davvero risvolti positivi e si spera che tale applicazione venga usata il prima possibile in ambito medico per la rilevazione di malattie pericolose.