Io, Robot

Il primo Gran Premio dei droni

Un drone contro una McLaren. È una gara insolita, ma non sarà l’unica che vedremo. Da tempo, infatti, lo aspettavamo e finalmente il Gran Premio dei droni è arrivato.

Dubai, 11 e 12 Marzo 2016. 32 squadre si sono sfidate per contendersi il titolo di primo vincitore del Gran Premio dei droni. Il percorso futuristico, lungo quasi 600 metri, sembra uscito dai migliori videogiochi di corse fantascientifici, con ripide salite, numerose curve e degli archi luminosi attraverso cui i droni devono passare. Quello che il pubblico vede è dei corpi luminosi che sfrecciano per la pista a 100 km/h, con il rumore delle eliche ormai caratteristico di questi quadricotteri.
Ciò che invece vedono i piloti è la pista dagli occhi del drone, tramite un visore apposito, mentre i movimenti vengono gestiti da un controller.

Visori e controllor per il Gran Premio dei droni. Close-up Engineering
PH: gizmodo.com

I risultati

Un totale di un milione di dollari in premio, tra cui $250.000 per il team primo classificato e tre premi da $100.000 ciascuno per il migliore team, per il giro più veloce e per il migliore costruttore.
Il team vincitore è stato quello capitanato da un quindicenne, Luke Bannister, arrivato a Dubai dall’Inghilterra determinato a vincere.

In futuro

Vedremo gare ancora più futuristiche. Questo Gran Premio è stato il primo di tanti, in quanto altri paesi si stanno già organizzando per ospitare competizioni di questo tipo. E saranno ancora più avvincenti, con circuiti spettacolari che passeranno anche in mezzo alle strade che attraversiamo tutti i giorni. In più, sempre a Dubai sono state annunciate numerose altre gare, che riguarderanno i droni e altre tecnologie.
Attendiamo questi sport del futuro; nel mentre ci godiamo il World Drone Prix, di cui sotto c’è il video dell’ultima gara dal punto di vista di uno dei droni protagonisti.

Atlas, il robot nuova generazione

Con 1,75 metri di altezza e dal peso di 85 kg, la nuova generazione di Atlas è più piccolo e molto più leggero del suo predecessore, che aveva partecipato al DARPA Robotics Challenge. Eppure è tecnologicamente molto più avanzato.

Atlas il robot di nuova generazione. Close-up Engineering
PH: spectrum.ieee.org
Da sinistra: il vecchio Atlas, la nuova generazione di Atlas, BigDog, WildCat, eAlphaDog.

Boston Dynamics ha presentato la sua nuova creazione pubblicando il video qua sopra. Già dai primi passi del robot, che si muove nella stanza fino ad uscire aprendo la porta, si vedono la migliore stabilità e i movimenti fluidi, molto più simili a un uomo.
Il vero potenziale di Atlas si capisce però nella scena successiva: il robot cammina in un campo innevato, rimanendo il equilibrio anche quando i piedi sprofondano o scivolano. Un piccolo aiuto gli è stato fornito da un operatore che comunicava all’umanoide dove muoversi, ma i movimenti esatti dei piedi per non cadere erano scelti autonomamente dal robot.

E se insegnargli camminare sembra troppo poco (durante la progettazione di un robot non è un’impresa semplice), Atlas dimostra le sue abilità nel sollevare e spostare oggetti, da fermo e in movimento, anche quando questi vengono spostati.

Un’altra impresa portata con successo a termine è stata quella di insegnare ad Atlas a mantenere l’equilibrio anche in caso di spinte, oppure attutire la caduta (vedi perché è importante che i robot sappiano cadere) e rialzarsi in caso non riuscisse a rimanere in piedi.

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Sulle incredibili capacità di quest robot, che sembra uscito da un film di fantascienza, Ken Goldberg, professore di robotica all’Università della California, Berkeley, ha ironicamente commentato: “la maggior parte di noi ha probabilmente avuto la stessa reazione quando Atlas è stato spinto: ci aspettavamo che si girasse e disintegrasse il ragazzo con un raggio laser”.

Un commento più serio è invece quello di Marc Raibert, fondatore e presidente della Boston Dynamics:

Il team di ingegneri ha lavorato duramente per rendere Atlas più leggero e più compatto. Una cosa che abbiamo fatto è stata usare una stampante 3D per creare le gambe, così gli attuatori e le componenti idrauliche sono incorporate nella struttura, piuttosto che essere fatte con componenti separati. Abbiamo anche sviluppato servo-valvole personalizzate che sono significativamente più piccole e leggere (e funzionano meglio) rispetto alle versioni aerospaziali che usavamo in precedenza.

Reality Editor : la nuova rivoluzione dal MIT

Immagina di poter programmare ogni singolo oggetto della tua casa a rispondere ad ogni tuo comando. Come? Reality Editor.

Reality Editor - Close-up Engineering
ph. Close-up Engineering

Come funziona?

Reality Editor è la nuova mobile app sviluppata al MIT che si basa su Open Hybrid, un sistema che consente di collegare diverse funzionalità di diversi oggetti (compatibili) l’una all’altra.
Ad esempio, potrete collegare lo spegnimento della sveglia all’accensione della macchinetta del caffè, e così via. In questo modo, ad ogni azione corrisponderà un’altra azione programmata, semplificandovi la vita.
Ed è su questo sistema che nasce Reality Editor.
Con Reality Editor basterà puntare la camera del vostro smartphone su un oggetto Open Hybrid, e le sue funzionalità compariranno sullo schermo. A questo punto, potrete trascinare una funzionalità su un’altra dello stesso, oppure a una funzionalità di un altro oggetto.
Tutto questo solo muovendo il vostro smartphone.

Una rivoluzione per la domotica

Di recente vi abbiamo parlato di un’altra rivoluzione Italiana nella domotica: Freedomotic, tutta open source e davvero interessante. Ma immaginatevi cosa può succedere se un colosso della ricerca come il MIT si mette a lavorare sulla domotica.
Il MIT ha investito 3 anni di ricerca su quest’app ed è riuscita a trarne un risultato eccezionale.
Se fino ad oggi la domotica risultava costosa e anche problematica, d’ora in poi potrebbe non esserlo più. I costi della domotica sono dovuti, oltre che dal valore in termini di comodità che essa offre, anche dal fatto che è difficile “preconfezionare” dei pacchetti di domotica, in quanto ogni casa è diversa: elettrodomestici diversi, ambienti diversi, esigenze diverse, abitudini diverse, ecc.. Questo implica uno studio di fattibilità per ogni casa, e implica la necessità di avere una personalizzazione estrema, per raggiungere delle funzionalità elevate.

Ma se la domotica fosse fatta a moduli? Immaginate di avere tanti oggetti tutti compatibili con Open Hybrid. Questi oggetti hanno ognuno delle funzionalità, e queste funzionalità possono interagire con dei parametri che gli vengono passati, indipendentemente dal tipo di tecnologia che ci sta dall’altra parte.
Ora, non vi resta che programmarli.
Come? Con il risultato della ricerca del MIT: Reality Editor. Basterà collegare i vari oggetti in modo opportuno.

Se non avete ancora fatto partire il video, fatelo. Rimarrete sorpresi di come sarà semplice programmare ogni oggetto che vi circonda.
E questa, probabilmente, diventerà la realtà di chiunque nei prossimi anni.

Media

Reality Editor 1
ph. http://www.realityeditor.org/
Reality Editor image
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Un algoritmo pianifica il percorso dei droni per evitare gli ostacoli

Rilevare gli ostacoli e pianificare il percorso ideale sono due tra le più difficili sfide dell’informatica, ma i ricercatori del laboratorio CSAIL (Computer Science and Artificial Intelligence Laboratory) del MIT stanno sviluppando un algoritmo che integri le due funzioni, destinato ai droni. Il software permette a un quadricottero di fermarsi su una monetina e di muoversi con agilità in una foresta simulata, composta da 26 ostacoli.

L’algoritmo era già stato usato per pianificare i passi del robot del MIT che ha partecipato al Darpa Robotics Challenge. Lo spazio attorno al drone viene diviso in diversi settori senza ostacoli. Quando due settori vengono a contatto, si identifica uno spazio in cui il quadricottero è libero di muoversi per passare da una parte all’altra senza incidenti. Il ricercatore Benoit Landry spiega il metodo utilizzato in questo modo:

Invece che pianificare il percorso basandosi sul numero di ostacoli, è meglio ragionare inversamente: trovare i segmenti di spazio che sono liberi, in cui il drone può volare. Usando questo approccio è come vedere il “bicchiere mezzo pieno” che è più efficace per far muovere i droni nei posti stretti e pieni di ostacoli.

Il piccolo drone quadricottero utilizzato per i test pesa 34 grammi, misura 92 millimetri e si muove in mezzo agli ostacoli alla velocità di 1 metro al secondo. Gli algoritmi usati sono disponibili online, con anche qualche consiglio su come utilizzarli.

 

Un altro drone, un nuovo algoritmo

Oltre al quadricottero, un altro algoritmo è stato sviluppato per un altro drone dalle sembianze di un aereo ad elica. Nell’individuare gli ostacoli l’algoritmo è simile al precedente, mentre nel scegliere il percorso ci sono delle differenze.

L’approccio utilizzato dal secondo drone è più flessibile, si adatta in tempo reale a qualsiasi situazione. Al momento del lancio, infatti, il piccolo aeromobile non conosce ancora la posizione e la forma degli ostacoli, inizia a muoversi seguendo un percorso predefinito. Quando un ostacolo viene rilevato, il drone analizza tutti i percorsi precedentemente programmati, che vengono chiamati funnels, e sceglie quello che evita qualsiasi impatto. La ricerca del percorso avviene in circa 0,02 secondi. Il tutto risolve anche il problema del vento o di altri fattori inizialmente non previsti.

 

Gli algoritmi sono stati testati su droni a basse velocità, riuscendo a fargli compiere manovre complesse, ma ad alte velocità la difficoltà aumenta notevolmente. I ricercatori del MIT contano in futuro di poter integrare i loro attuali studi con droni più grandi e veloci, per consentirgli di operare agilmente in foreste reali, oltre quelle simulate in laboratorio.
“Una grande sfida per l’industria è determinare quali tecnologie sono pronte per essere utilizzate in situazioni reali”  ha detto Landry. “Il miglior modo per farlo è condurre esperimenti su tutte le casistiche e dimostrare che gli algoritmi funzionano il 99,999% delle volte”.


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