Robot Terminator: mutaforma come il T1000, ma in miniatura
Nei sogni più reconditi di ciascuno di noi, almeno per quanto riguarda la fantascienza, ci sono di sicuro i T1000 mutaforma hollywoodiani. Ebbene, un gruppo di ricercatori ha creato un Robot simile a un Terminator in grado di sciogliersi in risposta a precisi stimoli per poi ricomporsi. Grazie a campi magnetici alternati e traendo ispirazione da una particolare creatura marina hanno realizzato un primo prototipo in miniatura. Senza dimenticare però, che il merito è anche dei materiali appositamente utilizzati per costruire il modellino.
Come è fatto il robot Terminator
Le proprietà del modello sono dovute alla particolare composizione chimica della lega che lo compone. Il robot è infatti un misto di particelle ferromagnetiche comprendenti Neodimio, Ferro, e Boro in una matrice di metallo liquido. Con la particolarità che quest’ultima ha un basso punto di fusione; infatti la miscela è immersa in gallio puro.
La sostanza consiste in quello che si chiama MPTM, ossia magnetoactive phase transitional matter. Come intuibile dal nome, essa può passare dalla fase solida e liquida in maniera reversibile. Grazie ad un campo magnetico alternato si riscalda sciogliendosi, tornando poi a solidificarsi a temperatura ambiente.
Gli MPTM, così, combinano in modo unico elevata resistenza meccanica, alta capacità di carico e velocità di locomozione. In resistenza arrivano a 21,2 MPa, invece in rigidità a 1,98 GPa, caricando fino a 30 Kg a più di 1,5 m/s, in fase solida. Mentre in quella liquida hanno un’eccellente adattabilità morfologica (allungamento, spaccatura, rottura, ecc.).
Caratteristiche della lega e primi risultati
Le microparticelle di NdFeB sono incorporate nella matrice di gallio con una chiara separazione di fase tra NdFeB e il metallo liquido. Il processo di mixing è realizzato meccanicamente al punto che via scansione eletronica si vede la separazione netta di fase.
I ricercatori hanno utlizzato gallio puro poichè ha un punto di fusione (29,8°C) vicino alla temperatura ambiente. E questo ovviamente consente una rapida transizione di fase solido-liquido in condizioni ambientali.
La solida matrice di gallio impedisce anche alle microparticelle di NdFeB incorporate di muoversi o ruotare. Ciò consente così agli MPTM solidi di mantenere una polarità magnetica fissa e stabile. Tuttavia questa libertà di movimento limita la mobilità in fase liquida di tutto l’MPTM; laddove in fase solida, con l’applicazione di determinate intensità di campo magnetico gli scienziati hanno registrato diverse velocità.
In particolare poi, i ricercatori hanno condotto diversi test nella fase solida e liquida; ad esempio facendo effettuare al materiale salti, roteazioni e movimenti vari. Ciò che ha fatto gridare al terminator è la particolare configurazione con la quale hanno effetuato una delle prove. Infatti gli scienziati hanno modellato la sostanza in una figura simile all’omino della lego posta dietro delle sbarre in una gabbietta. Ebbene, applicato il campo magnetico alternato, il video mostra chiaramente la figura sciogliersi per poi ricomporsi al di fuori delle sbarrette.
L’insospettabile creatura da cui prende ispirazione: il cetriolo di mare
A questo punto, dopo tanto citarlo vi aspettereste che proprio Hollywood abbia influenzato gli scienziati della Carnegie Mellon insieme all’Università cinese. Ma le cose stanno diversamente da quanto si possa pensare; come in molti studi di questo tipo la natura, e in particolare una creatura marina, sono responsabili almeno in parte di quanto hanno realizzato.
Le oluturie o oloturoidei sono la principale fonte di ispirazione per L’MPTM; chiamate anche cetrioli di mare, queste creature hanno poco a che fare con gli ortaggi. Sono infatti animali che vivono sui fondali marini in tutto il globo, della classe degli echinodermi. Hanno aspetto cilindrico allungato (ricordando appunto cetrioli) con ano e bocca situati agli opposti.
In particolare le oluturie sono caratterizzate da così dette spicole calcaree rigide su tutto il corpo, e usano la bocca per nutrirsi filtrando l’acqua. La maggior parte di esse sono bentoniche, ossia vivono perennemente attaccate al fondale marino e alcune sono addirittura sessili (fissate al substrato). Nonostante questo però possono spostarsi in caso di pericoli di sdradicamento e predatori.
E fin qui niente di così spettacolare o caratteristico, qualcuno potrebbe osservare. Ma basterebbe citare una delle loro strategie di difesa per fare paragoni con i film di Hollywood e quelli dei supereroi. Le oloturie hanno infatti grandi capacità rigenerative: possono in effetti eviscerare alcuni dei loro organi. Polmoni acquiferi, il lungo intestino e la loro unica gonade vengono esplusi per distrarre i nemici e favorire la fuga; per poi essere in grado di rigenerare il tutto in poco tempo.
A completare tutto il suo curriculum, questa creatura marina ha molta importanza per l’ecosistema marino e la biodivesità. Al pari dei loro cugini terrestri infatti, come i lombrichi, svolgono funzione di spazzini e sono detrivori. Ma non solo, sembra anche che contribuiscano a tamponare l’effetto di acidificazione degli oceani.
Le applicazioni del Robot Terminator
Il cetriolo di mare è in grado di alterare in modo reversibile la rigidità del suo tessuto per migliorare la sua capacità di carico. Grazie a questa caratteristica può prevenire danni fisici dall’ambiente. Proprio come quanto sono riusciti a realizzare i ricercatori con il robot terminator.
Ok, tutto molto bello potrebbe dire qualcuno, ma nella pratica a cosa può servire, a cosa hanno pensato gli scienziati per utilizzarlo in maniera proficua? Ovviamente non per compiere un primo step verso quello che sarebbe un vero e proprio robot terminator. I ricercatori infatti, tra le altre applicazioni, hanno anche pensato al campo medico e a possibili contributi nella riparazione di apparati difficilmente raggiungibili.
Un primo risultato si è avuto facendo svolgere all’MPTM compiti di estrazione e trasporto. In un modello di stomaco simulato, il team ha mostrato come la micromacchina potrebbe passare a una fase liquida. Questo per avvolgersi attorno ad altri oggetti estranei nello stomaco stesso, per poi diventare di nuovo solida. E da lì consentire l’estrazione sia del robot che del suo carico.
Un test simile ha visto il robot scaricare ciò che portava in punti prestabiliti, sempre all’interno del modello di stomaco simulato. Questa, secondo gli autori è una dimostrazione del suo potenziale come sistema di somministrazione di farmaci.
Come ulitma applicazione infine, una simulazione ha mostrato come la forma liquida del robot potrebbe diventare una “vite universale”. Il tutto intrufolandosi in spazi di difficile accesso e scorrendo in una presa della vite, solidificandosi. Insomma, il potenziale c’è ma non aspettatevi un robot terminator come il T1000 di Hollywood!