Si sente così spesso parlare di microchip, soprattutto in quest’ultimo periodo. Ma sappiamo davvero cosa sono e dove vengono utilizzati? Dobbiamo ammettere, purtroppo, che questo è un momento un po’ sfortunato per i microchip, per due motivi principali. Non solo sono oggetto delle innumerevoli fake news legate al vaccino. A tutto questo si aggiunge anche la crisi che da qualche mese sta tenendo sotto assedio la produzione dei componenti elettronici. Insomma, in un periodo storico particolare, ecco che ci pensano gli ingegneri della Northwestern University di Chicago a risollevare le sorti dei microchip. Nell’università statunitense, infatti, hanno realizzato il microchip più piccolo del mondo.
Un microchip non è nient’altro che un semplicissimo circuito integrato dalle dimensioni molto ridotte. Benissimo, ma cos’è allora un circuito integrato, vi starete chiedendo. In parole povere, è un circuito elettronico dove i componenti che lo costituiscono sono tutti interamente saldati sullo stesso “pezzetto” di silicio. Non a caso ‘chip’ significa ‘pezzetto’ in inglese. I microchip, dunque, si trovano all’interno di qualsiasi dispositivo elettronico che utilizziamo ogni giorno, da quando l’elettronica digitale fa parte della nostra quotidianità.
Il chip sviluppato alla Northwestern University, dalle dimensioni di un granello di sabbia, si ispira ai semi di acero che vengono dispersi dal vento. L’idea dei ricercatori è quella di voler realizzare un dispositivo in grado di interagire con l’aria per il più lungo tempo possibile. Gli ingegneri statunitensi, allora, hanno replicato il modello aerodinamico delle foglie che, fluttuando nell’aria, riescono a cadere lentamente e in modo controllato. Questo microchip, infatti, è il più piccolo al mondo in grado di volare e servirà per raccogliere informazioni sulla qualità dell’aria. Tra tutte le specie di piante esistenti in natura, però, ne è stata individuata una in particolare.
Le foglie di Tristellateia australasiae, una pianta rampicante maggiormente diffusa nelle zone tropicali, sembrano essere le più indicate per l’obiettivo. I semi di Tristellateia, infatti, hanno delle “ali” a forma di lama, in grado di “intrappolare” il vento. Questo garantisce loro di ruotare attorno a sé stessi per tutto il tempo in cui sono in aria assumendo, così, un moto molto lento. Per individuare la struttura più ideale per il microchip, i ricercatori hanno fatto ricorso alla tecnica della modellazione computazionale su larga scala. Si tratta di una tecnica innovativa per la modellazione di una forma geometrica, che si basa sull’utilizzo di entità primitive per descrivere forme più complesse. Definendo dei modelli matematici che descrivessero il moto della Tristellateia, i ricercatori sono riusciti a dare la giusta forma per il loro microchip più piccolo del mondo.
Il chip è composto da due parti principali: i componenti elettronici e le ali. L’elettronica del dispositivo, dalle dimensioni micrometriche, include sensori, una sorgente di alimentazione, una piccola memoria interna e, addirittura, un’antenna. I sensori, di varia natura, serviranno per monitorare la qualità dell’aria. Negli esperimenti condotti in laboratorio, ad esempio, i ricercatori hanno misurato la presenza di particolati e gli effetti dovuti all’esposizione del chip alla luce, per diverse lunghezze d’onda. La piccola sorgente di alimentazione è in grado di conservare l’energia presa dall’ambiente, mentre l’antenna serve per comunicare con altri devices, come PC, smartphone e tablet. Ma questo microchip, oltre ad essere il più piccolo dispositivo volante al mondo, presenta anche un’altra incredibile particolarità.
Dato che questi dispositivi devono interagire con la natura, è necessario che il loro impatto sia a zero inquinamento. John A. Roger, tra i primi autori dello studio, ha pensato anche a questo. Roger, professore di scienza dei materiali e ingegnere a Northwestern, da sempre si occupa di elettronica biocompatibile. Il chip, infatti, usa dei materiali in grado di decomporsi a contatto con l’acqua.
“Fabbrichiamo tali sistemi elettronici biodegradabili utilizzando polimeri degradabili, conduttori compostabili e chip di circuiti integrati dissolvibili che svaniscono naturalmente in prodotti finali innocui per l’ambiente quando esposti all’acqua.”
John A. Roger, Northwestern University
Ha commentato il prof. Roger, che immagina un futuro in cui numerosi dispositivi volanti, come il microchip più piccolo del mondo sviluppato alla Northwestern University, comunichino tra loro. La maggior parte delle tecnologie per il monitoraggio dell’aria coinvolge strumenti di massa progettati per raccogliere dati a livello locale. Il microchip sviluppato dagli ingegneri statunitensi, invece, apre la strada ad una nuova era del monitoraggio ambientale. Si potrebbe arrivare ben presto a realizzare una grande rete wireless con milioni di sensori microscopici. Dispositivi in grado di fluttuare nell’aria proprio come le foglie e di decomporsi come qualsiasi altro elemento naturale.