I Ray-Ban Stories sono finalmente arrivati in commercio, frutto della collaborazione tra Facebook e il colosso italiano Luxottica. La notizia di una nuova generazione di smart glasses era nell’aria già da un po’: le indiscrezioni e i rumour parlavano già da più di un anno di un progetto in corso tra le due aziende, ma non c’erano mai state delle conferme. Ieri, in contemporanea sul profilo Facebook di Zuckerberg e il sito di Ray-Ban, Stories hanno fatto il loro debutto mondiale.
Luxottica ha stretto una collaborazione storica con Facebook e ha prodotto Stories, i primi occhiali Ray-Ban smart. Certo, gli occhiali intelligenti non sono una novità: i primi modelli sono arrivati già nel 2012, e i Google Glasses sono tra i più conosciuti e usati. L’importanza di questo prodotto, però, sta nella risonanza mediatica che sta avendo e continuerà ad avere, e nell’accessibilità che offre rispetto ad altre marche di smart glasses.
Gli occhiali infatti si presentano come un classico prodotto Ray-Ban, con l’inconfondibile montatura del marchio. Ciò che offrono, però, è molto di più di una semplice visione: gli smart glasses montano due fotocamere da 5MP, una per ogni occhio, posizionate vicino all’astina dell’occhiale. Le fotocamere offrono regolazione automatica della luce e profondità fotografica, e sono anche in grado di realizzare dei video. La risoluzione è di 2592×1944 per le foto e 1184×1184 a 30fps per i video. Gli Stories sono dotati di un sistema bluetooth per essere collegati allo smartphone o al tablet, e permettono di fare chiamate e ascoltare musica.
Gli occhiali offrono un sistema di diffusione audio tramite altoparlanti integrati e posizionati in fondo alle stanghette, subito sopra le orecchio. C’è anche l’interfaccia vocale, che può essere attivata manualmente o tramite la frase “Hey Facebook“, che attiverà il sistema. Al momento l’interfaccia riconosce solo l’inglese, ma in futuro il supporto verrà esteso anche ad altre lingue, compreso l’italiano. Il controllo delle funzionalità è ovviamente touch ed è posizionato sulle aste dell’occhiale. Per la ricarica ci penserà la custodia, un’idea che permetterà di avere l’occhiale sempre carico ed eliminerà la necessità di portare con sé cavi e alimentatori a parte.
Gli Stories sono disponibili per l’acquisto anche in Italia al prezzo di 329 euro. È possibile scegliere tra tre diversi modelli, distinti dalla forma delle lenti: il round, con lenti rotonde, il wayfarer, con lenti più squadrate, e il meteor, simile al precedente ma con lenti più tondeggianti e smussate agli angoli. Tutti i modelli sono unisex e la montatura non varia, dovendo supportare la presenza delle fotocamere e il sistema touch.
Dietro la tecnologia di Stories ci sono Facebook e i suoi sviluppatori. Il controllo vocale utilizzato dagli smart glasses è Facebook Assistant, che permette a chi indossa gli occhiali di eseguire diverse azioni senza dover tenere in mano il telefono. I comandi eseguibili dall’assistente sono pochi e semplici: può scattare una foto, registrare un video e far partire o fermare la riproduzione musicale. Per questo motivo non può essere comparato ad Alexa, Siri o all’assistente Google. Lato smartphone troviamo l’app Facebook View che si occupa di comunicare con gli occhiali e ricevere foto e video da condividere sui social. L’applicazione permette di importare i contenuti creati con gli smart glasses e condividerli su Instagram, Facebook e WhatsApp.
Dopo l’entusiasmo iniziale ci si chiede come Facebook abbia deciso di gestire il problema della privacy. Questo perché, vista la natura degli occhiali, chiunque potrebbe scattare foto e riprendere le persone senza essere notato. Per ovviare il problema è presente una luce LED sugli occhiali, vicino alla fotocamera, che si accende quando si sta scattando una foto o si sta riprendendo. Una soluzione che appare non del tutto ottimale, in quanto si tratta comunque di un piccolo LED che non sempre si potrebbe notare, soprattutto quando ci si trova all’aperto e con una forte luce solare.
Per il resto il rispetto della privacy è lasciato alla responsabilità di chi lo usa. Facebook chiede agli utenti di spegnere il device in particolari spazi, come lo studio di un dottore, i bagni pubblici o le chiese. È da capire se la richiesta sortirà l’effetto desiderato, anche se ci sembra molto difficile. Gli Stories, per quanto belli e utili siano, solleveranno sicuramente non poche problematiche di privacy.