Arriva un nuovo metodo diagnostico per l’insorgenza di Alzheimer
Nel 2017 un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Fisica e dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare dell’Università di Bari ha portato a termine un progetto grazie al quale si può diagnosticare con un anticipo di 10 anni la futura insorgenza della demenza di Alzheimer.
L’Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che porta alla perdita di memoria e di funzioni cognitive, una malattia per la quale non esiste ancora una cura efficace. Attualmente la diagnosi comprende una serie di test cognitivi e una risonanza magnetica cerebrale ma in alcuni soggetti è difficile una diagnosi in tempi ristretti.
Proprio per questo motivo, il gruppo di ricerca ha deciso di sviluppare un metodo di intelligenza artificiale col quale si possa stabilire l’eventuale insorgenza della malattia. Non è infatti la prima branca della medicina che si affida al Machine Learning per diagnosi difficili. Già da tempo infatti alcune tecniche sono utilizzate per la mappatura dei nei come prevenzione nell’insorgenza di tumori della pelle.
Esiste già un metodo predittivo dell’insorgenza di Alzheimer: si tratta del monitoraggio dell’attività della Glicoproteina-P responsabile della neurodegenerazione (efflusso cerebrale delle placche beta-amiloidi). Questo studio è stato realizzato sempre dall’Università di Bari ma con predizione dei risultati solo quando la malattia è ormai alle porte.
L’AI per l’insorgenza di Alzheimer
Il gruppo di ricerca è uno tra i migliori al mondo per l’utilizzo dei big data in ambito clinico-diagnostico. Nel 2014 vinsero infatti la competizione alla Harvard Medical School trovando un metodo predittivo per la diagnosi precoce della Schizofrenia.
Il nuovo metodo predittivo per l’Alzheimer si basa invece sull’analisi di immagini cerebrali registrate tramite risonanza magnetica. La fase di addestramento è stata svolta su 29 soggetti sani e 38 già diagnosticati, in modo da far imparare quale regione considerare per la diagnosi. L’accuratezza migliore ottenuta risulta analizzando una porzione cerebrale di 2250-3200 millimetri cubi.
Per testarne l’efficacia sono stati utilizzati 148 soggetti di cui 52 sani, 48 malati e 48 con lieve indebolimente cognitivo. Già da prima dell’esperimento era noto come questi soggetti possano sviluppare la malattia entro 9 anni ed è proprio per questo il motivo dell’inserimento. L’algoritmo ha avuto un’accuratezza dell’86% sulla distinzione tra soggetto sano e malato, mentre 84% tra sano e lievemente malato. Essendo ancora un algoritmo in via di sviluppo, non sono ben note le implementazioni nè i metodi predittivi usati.
Il metodo sarà quindi affiancato al parere del medico per facilitare la diagnosi soprattutto per casi difficili di presenza lieve di indebolimento. Non potrà quindi essere usato come unico metodo diagnostico vista la non totale accuratezza e soprattutto l’importanza che tale diagnosi sia corretta.
Come dichiarato dal capo della ricerca attualmente il gruppo cerca un metodo predittivo per l’insorgenza della malattia di Parkinson e altre malattie neurodegenerative in cui una diagnosi precoce può migliorare notevolmente la vita dei pazienti.