Non ricordi mai nulla? A breve potrai richiedere l’impianto di questi chip nel cervello | Riattiveranno i ricordi

Illustrazione di un cervello (Pixabay)

Illustrazione di un cervello (Pixabay FOTO) - www.systemscue.it

Se non ricordi nulla, non ti preoccupare. Le nuove tecnologie offrono soluzioni promettenti per contrastare la perdita di memoria

La perdita di memoria è un fenomeno che può colpire sia individui con un cervello sano che persone affette da patologie neurologiche. Questo perché il cervello non sempre funzionare al massimo delle sue capacità, causando occasionali dimenticanze o difficoltà nel ricordare informazioni. Queste lacune possono essere causate da stress, affaticamento o anche dall’età.

D’altra parte, condizioni come l’Alzheimer, la SLA (sclerosi laterale amiotrofica) o traumi cerebrali possono compromettere in modo più grave le capacità mnemoniche, rendendo difficile il recupero di ricordi o l’immagazzinamento di nuove informazioni. La memoria coinvolge principalmente l’ippocampo, una parte del cervello fondamentale per l’elaborazione e l’archiviazione delle informazioni. Tuttavia, anche altre aree, come la corteccia temporale, giocano un ruolo importante nella conservazione dei ricordi.

Negli ultimi anni, diversi studi sulla memoria hanno fatto grandi passi avanti, aprendo nuove prospettive per il trattamento di disturbi legati a essa. Ricercatori come Michael Kahana hanno sperimentato l’uso di elettrodi per stimolare specifiche aree del cervello, migliorando la capacità di ricordare informazioni.

Le interfacce cervello-computer (BCI) stanno emergendo come una possibile soluzione per potenziare la memoria o contrastarne la perdita in condizioni come l’Alzheimer o traumi cerebrali. Le aspettative sono alte: si spera che queste tecnologie possano un giorno offrire un supporto concreto per migliorare la qualità della vita di chi soffre di problemi legati alla memoria.

La ricerca sulla memoria e i dispositivi cerebrali

Milioni di persone soffrono di perdita di memoria a causa di traumi cerebrali, oltre a chi è affetto da malattie come l’Alzheimer. Anche in individui sani, il cervello non sempre opera al massimo delle sue capacità, portando a occasionali lacune di memoria. In uno studio condotto da Michael Kahana, psicologo dell’Università della Pennsylvania, sono stati utilizzati elettrodi per inviare impulsi elettrici a 47 pazienti affetti da epilessia, migliorando del 28% la loro capacità di memoria. Questi elettrodi riconoscono i segnali cerebrali e inviano una scossa elettrica nella corteccia temporale laterale, la parte del cervello responsabile dell’immagazzinamento dei ricordi. Kahana vede in questa tecnologia l’inizio di una nuova era per le neuroscienze e le neuroterapie.

Kahana non è l’unico a esplorare le potenzialità delle interfacce cervello-computer (BCI). Diversi ricercatori stanno sviluppando queste tecnologie per trattare problemi come la perdita di memoria, disabilità linguistiche e paralisi. Anche Neuralink, la società fondata da Elon Musk, mira a impiantare delle BCI che permettano ai pazienti paralizzati di usare dispositivi digitali tramite il pensiero. Il primo impianto è stato realizzato su Noland Arbaugh, un uomo paralizzato, che ha dimostrato di poter controllare un cursore con il pensiero. Altri progressi includono un BCI sviluppato dalla Ecole Polytechnique Federale de Lausanne, che trasforma i pensieri in testo con una precisione del 91%. Si prevede che queste tecnologie assistive diventeranno presto significative per le persone affette da gravi malattie o disabilità.

Immagine di un dispositivo Neuralink (Neuralink.com)
Immagine di un dispositivo Neuralink (Neuralink.com FOTO) – www.systemscue.it

Le applicazioni delle interfacce cervello-computer e le sfide etiche

Quando si pensa alle tecnologie che aiutano i pazienti affetti da SLA a parlare, viene subito in mente Stephen Hawking, che comunicava attraverso un computer. Tuttavia, Casey Harrell, un uomo di 45 anni colpito dalla SLA, ha recuperato la propria voce naturale grazie a una BCI chiamata BrainGate2, che gli consente di comunicare con sua figlia di 5 anni. Questo BCI interpreta i segnali cerebrali e li riproduce tramite un software di assistenza vocale, con un’accuratezza del 97%. Per quanto riguarda la memoria, la sfida è più complessa: Brent Roeder, ricercatore della Wake Forest University, ha sviluppato una “protesi di memoria”, un elettrodo che interagisce con l’ippocampo per migliorare il ricordo di informazioni specifiche, con miglioramenti che vanno dall‘11% al 54%.

Questo approccio potrebbe essere utilizzato per trattare diversi disturbi legati alla memoria, come traumi cerebrali, demenza e Alzheimer. Tuttavia, esistono questioni etiche legate all’uso di queste tecnologie. La loro diffusione su larga scala richiederà comunque interventi chirurgici complessi, e il cervello non tollera facilmente l’inserimento di dispositivi. Nonostante ciò, con i continui miglioramenti nella sicurezza e nella miniaturizzazione degli elettrodi, Kahana afferma che si sottoporrebbe senza esitazioni a questa procedura.