L’intelligenza artificiale di Google ha composto un nuovo pezzo dei Nirvana
La morte di Kurt Cobain è un boccone amaro che i fan dei Nirvana non riescono ancora a mandare giù. Il gruppo storico, artefice del successo del grunge, ha tristemente concluso la sua discografia con la perdita del cantante a soli 27 anni. Oggi l’intelligenza artificiale di Google ha creato un inedito dei Nirvana, basandosi sullo stile inconfondibile del gruppo. A renderlo noto è Over the Bridge, organizzazione no-profit di Toronto che da anni si occupa della salute mentale nel mondo della musica.
Nirvana: una nuova canzone composta dall’intelligenza artificiale
Si chiama “Drowned in the sun” ed è il “nuovo pezzo” dei Nirvana composto dall’intelligenza artificiale di Google. Il brano ricorda fortemente lo stile del gruppo di punta del grunge, richiamando lo stile di pezzi storici come Come As You Are e Bleach. Non solo: anche il testo sembra uscito dalla penna di Cobain stesso, sia per temi affrontati che per immagini evocate. A parte la voce, che appartiene al frontman di una tribute band dei Nirvana, tutto ciò che sentiamo nel brano è opera dell’IA.
La canzone rientra nel progetto Lost Tapes of the 27 Club che raccoglie canzoni realizzate da computer nello stile di tutti i musicisti che fanno parte del “Club dei 27”. Nella raccolta troviamo pezzi realizzati ad hoc sullo stile di Amy Winehouse, Jimi Hendrix, Jim Morrison e Janis Joplin. L’IA è in grado di produrre accordi, riff e melodie in pieno stile dei compianti artisti, cercando di dare una risposta alla domanda: e se avessero potuto scrivere un’altra canzone?
Dietro l’iniziativa c’è l’associazione no-profit Over the Bridge, comunità attiva nell’industria musicale che punta i riflettori sull’importanza della salute mentale nel mondo degli artisti, e offre supporto durante il percorso di recupero. L’organizzazione si batte contro la normalizzazione della depressione negli artisti e l’uso di sostanze. La vita dei grandi nomi della musica è fatta di lunghi viaggi, mesi lontano da casa e continue promozioni, con conseguente necessità di rimanere sempre nel personaggio e affrontare orari di lavoro disumani.
Il progetto vuole provare a dare giustizia ai musicisti che il mondo ha perso a causa della depressione, sottolineando che è sbagliato romantizzare una malattia così importante. Creando un album che il club dei 27 non ha mai potuto realizzare, Over the Bridge vuole anche incoraggiare ogni professionista del mondo della musica (e non solo) a richiedere l’aiuto necessario per affrontare un male invisibile.
Google Magenta: l’IA che compone brani
Dietro l’album del club dei 27 c’è Magenta, software di IA di Google che compone brani di un’artista dopo averne “ascoltato” le opere. Il progetto, che è open-source e in continuo sviluppo, vuole esplorare il ruolo del machine learning nel processo creativo, utilizzando, tra le altre cose, reti neurali per comporre pezzi o trascriverli. Magenta è distribuito sia come libreria Python che come API Javascript (Magenta.js).
L’applicazione usata per l’album è stata MidiMe, che permette l’upload di tracce midi come training set per produrre suoni quanto più simili ai brani caricati. Per realizzare un singolo pezzo di un artista sono stati usati dalle 20 alle 30 canzoni. O’ Connor, uno dei fondatori di Over the Bridge, ha spiegato che nel processo di training non sono stati caricati brani interi, ma riff, assoli o ritornelli raggruppati e utilizzati volta per volta. Questo ha permesso di “non confondere” il software e produrre passaggi molto validi, da cui sono stati estratti quelli che hanno composto il brano finale.
Magenta offre una grande varietà di strumenti per gli artisti. Tra le web app più interessanti c’è DrumBot, che permette di creare musica con un batterista artificiale che crea la base sopra la melodia che si sta suonando. Runn, invece, è un gioco musicale in cui il giocatore deve completare dei livelli platform per ascoltare l’intera canzone. La particolarità sta nel fatto che ogni livello è generato in real-time sulla base della canzone caricata, ed è quindi unico nel suo genere.
Anche in questo caso l’avanzamento tecnologico è riuscito a stupirci. Fino a qualche anno fa non avremmo mai pensato che una macchina potesse essere in grado di creare dell’arte, simulando così bene uno stile esistente. La consapevolezza che dietro l’opera c’è un software toglie molto dell’emozione di una composizione “umana”, ma ci regala tanta meraviglia e curiosità: quale sarà il prossimo limite ad essere superato?