Siamo nel confine tra Francia e Svizzera, nei pressi di Ginevra. Sottoterra, a 7 Km di profondità, un chip dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) attende con impazienza di essere colpito da un fascio di ioni pesanti nel secondo acceleratore più grande del CERN dopo il Large Hadron Collider (LHC), il Super Proton Synchrotron (SPS).
Il suo nome è Intel Myriad 2 Vision Processing Unit ed è stato appena sottoposto all’azione di uno dei fasci di radiazioni più energetici disponibili sulla Terra. I risultati sono ora in fase di analisi quindi non tarderemo molto in conoscere l’esito di tale traumatica esperienza.
Myriad 2 è collegato a sua volta a una famiglia di circuiti integrati fortemente voluti dall’ESA: una coppia di controller LEON4, ultimi della famiglia di circuiti integrati LEON, sviluppato dall’ESA e la compagnia svedese Cobham Gaisler.
L’architettura Myriad è stata originariamente sviluppata da una start-up irlandese chiamata Movidius. Nel 2016, hanno acquistato una licenza da Cobham Gaisler per utilizzare il core LEON4 per il loro microprocessore AI. La società è stata infine acquisita dal gigante industriale Intel.
Myriad 2 sfrutta l’intelligenza artificiale per l’elaborazione di immagini ad alte prestazioni e bassa potenza. Attraverso i dati può essere pre-addestrato per riconoscere particolari caratteristiche e modelli, o eseguire un rilevamento 3D approfondito, qualunque sia il suo cliente.
Gli ingegneri dell’ESA sono interessati a sfruttare Myriad 2 per eseguire l’elaborazione delle immagini in orbita per le future missioni spaziali, riducendo la quantità di dati che devono essere inviati sulla Terra. Potrebbe avere anche un interessante utilizzo per il riconoscimento marittimo delle navi, basato sull’integrazione a bordo delle navi dell’ “Automatic Identification System” dei segnali.
“L’intelligenza artificiale è un modo per potenziare le prestazioni di qualsiasi sistema con una telecamera in loop”, spiega Gianluca Furano, ingegnere informatico dell’ESA. “Individuare autonomamente la distanza di un oggetto da una fotocamera e quanto velocemente si muove, può produrre un numero maggiore di immagini migliori. Questo offre anche un mezzo per migliorare la guida, la navigazione e il controllo – ad esempio per catturare i detriti spaziali.
Azione dei raggi solari, limiti del carico utile che si può portare in orbita e la ridotta larghezza di banda dei dati downlink a causa delle piccole dimensioni delle antenne, sono solo alcuni dei problemi che devono prendere in considerazione le persone che dedicano la propria vita alla realizzazione di missioni spaziali.
Come tutti gli hardware candidati per essere portati nello spazio, Myriad 2 deve prima essere testato contro le radiazioni: ed è qui che entra in azione l’SPS del CERN.
Gli strumenti di elaborazione di immagini su dispositivi come i CubeSat e altri piccoli satelliti, sono notevolmente limitati da dalla ridotta larghezza di banda e dai livelli di potenza. Il chip AI richiede meno di un watt di potenza, e permetterebbe a questi strumenti di identificare autonomamente, ad esempio, improvvisi eventi di inondazione o incendi boschivi, e quindi di inviare i dati relativi a terra.
L’ESA sta studiando vari utilizzi per il chip Myriad 2 nello spazio, compreso l’installazione sul CubeSat italiano Tyvak Mark-I, che trasporterà l’Imager Iperspettrale HyperScout, una versione potenziata dello strumento autonomo sviluppato da Cosine Research nei Paesi Bassi, già presente a bordo del CubeSat GomX-4B. Potrebbe essere inoltre impiegato nel monitoraggio ambientale interno ed esterno della Stazione Spaziale Internazionale.
Fonte: www.esa.int