I ricercatori del Dipartimento di Aeronautica e Astronautica del MIT (AeroAstro) e del Charles Stark Draper Laboratory di Cambridge, nel Massachusetts, si stanno espandendo nel mondo dell’innovazione tecnologica grazie allo sviluppo di calzature particolari che hanno la capacità di vibrare per mezzo di sensori incorporati e movimenti “tattili” limitati.
Le vibrazioni che vengono generate presenteranno un vasto range di intensità, caratterizzato da picchi minimi e massimi, in corrispondenza di eventuali ostacoli da oltrepassare. Questi tipi di calzature rivoluzioneranno, ad esempio, il mondo “spaziale”. Esse, infatti, consentirebbero di supportare gli astronauti ad evitare gli ostacoli e non inciampare, mettendo in pericolo loro stessi e le missioni. Questo è dovuto al fatto che l’astronauta, avendo poca capacità di movimento a causa della presenza della tuta spaziale che risulta essere voluminosa e pressurizzata per la riserva di ossigeno, può cadere accidentalmente forando la tuta stessa.
Tali calzature innovative, inoltre, potrebbero ottimizzare la capacità di movimento per le persone non vedenti e superare, così, eventuali ostacoli che si presentano. Recentemente è stata tenuta un’importante Conferenza internazionale sull’interazione uomo-computer e alcuni ingegneri ricercatori del MIT hanno esposto gli esiti di una prima analisi, realizzata per specificare quali tipi di sollecitazioni e a quali parti del piede avrebbero la capacità di produrre i migliori segnali di navigazione. Per tale studio è stato impiegato un primo prototipo di calzatura.
Molti studenti nel mio laboratorio stanno esaminando questa domanda su come mappare le informazioni dei sensori indossabili su un display visivo, o un display tattile, o un display uditivo, in un modo che può essere compreso da un non esperto nelle tecnologie dei sensori.
Leia Stirling, assistente professore di AeroAstro e membro associato della facoltà presso l’Institute for Medical Engineering and Science del MIT.
Gibson ha realizzato un meccanismo composto da 6 motori tattili che circondavano ciascun piede di un soggetto di riferimento. Le vibrazioni che venivano generate erano settate per presentare un comportamento omogeneo di picchi di intensità minimi e massimi. Per questa analisi è stato utilizzato un particolare software che richiedeva ai soggetti di interesse di specificare quando e dove percepivano vibrazioni in corrispondenza del piede.
Nel primo di essi, il grado di concentrazione era massimo poiché i soggetti dovevano prestare attenzione solo alle sollecitazioni che si presentavano ai loro piedi. Nel secondo scenario, invece, i soggetti venivano distratti da un test cognitivo, mediante l’utilizzo di un software che emetteva segnali luminosi su un display.
I ricercatori del MIT sono arrivati alla conclusione che nel momento in cui i soggetti venivano distratti dai test cognitivi, i costanti aumenti di intensità erano percepiti con difficoltà. Vi era anche un elevato grado di difficoltà da parte dei soggetti nel distinguere le posizioni delle sollecitazioni sulla parte esterna del piede e solo il 20% dei soggetti erano inabili di distinguere sollecitazioni a bassa intensità in corrispondenza del bordo esterno del piede destro.
In seguito all’esito dell’esperimento di Gibson, si sta cercando di realizzare una calzatura con motori tattili unicamente in tre distinte posizioni: alla punta, al tallone e verso la parte anteriore dell’esterno del piede, distante quindi dalla zona centrale dove le sollecitazioni a volte non si percepivano. Gli stimoli non cambieranno in maniera continua, ma presenteranno un grado di intensità minima o massima a seconda che il soggetto di interesse sia a rischio di andare contro ad un ostacolo.
I ricercatori del MIT stanno cercando di valutare anche possibili combinazioni tra i segnali tattili e i segnali visivi, in modo da specificare la procedura migliore di trasmissione delle informazioni spaziali. Shirley Rietdyk, professore di salute e kinesiologia alla Purdue University che studia la neurologia e la biomeccanica delle cadute, afferma che:
Cercare di fornire alle persone maggiori informazioni sull’ambiente – specialmente quando non solo la vista ma altre informazioni sensoriali, uditive e propriocettive, sono compromesse – è davvero una buona idea.