Inside IT

Le menti dell’Informatica italiana

Facile parlare di Steve Jobs o Bill Gates, che tutti conoscono. Ma avete mai provato a parlare degli informatici italiani?

Un po’ per superficialità, un po’ perchè oscurati da altri, di loro non si discute mai abbastanza. Eppure ci sono tanti nomi che hanno dato forti spinte all’innovazione e alla ricerca.

Oggi abbiamo deciso di parlare di alcuni di loro, e di quello che hanno dato al mondo dell’informatica.

I nostri informatici

Enzo Luigi Aparo e Dino Dainelli

Insieme si dedicarono alla macchina FINAC, il secondo calcolatore elettronico dopo il CRC 102A del Politecnico di Milano. I due si sono occupati in particolare della parte software, concentrandosi sul mettere a punto soluzioni a classi di problemi ricorrenti nella pratica. Esempi erano la risoluzione approssimata di equazioni algebriche o sistemi di equazioni lineari. I due collaborarono anche con Corrado Böhm, altra mente informatica e matematica italiana.

Corrado Böhm

I suoi studi principali riguardano la macchina di Turing, l’architettura di Von Neumann e i linguaggi di programmazione. Proprio da questi studi viene enunciato, nel 1966, uno dei teoremi più importanti dell’informatica: il teorema di Böhm – Jacopini. Esso afferma che qualsiasi algoritmo può essere implementato in fase di programmazione utilizzando tre strutture di controllo: la sequenza, la selezione e il ciclo. Il suo valore va trovato nella sua capacità di fornire indicazioni generali per le attività di progettazione di nuovi linguaggi e di strategie di programmazione. In seguito, lo studioso si è dedicato al lambda calcolo e alla logica combinatoria.

Corrado Böhm è stato professore emerito all’università “La Sapienza” di Roma. Credits: macitynet.it

Leonardo Chiariglione

È colui che ha fondato, assieme a Hiroshi Yasuda, l’MPEG, un gruppo internazionale di esperti che ha prodotto gli standard MPEG-1, MPEG-2 e l’MP3. A lui viene accreditata la vision dell’importanza degli standard nelle tecnologie audio-video in Internet.

Luigi Dadda

Tra i primi ad occuparsi dei calcolatori elettronici in Italia, Dadda è stato anche un collaboratore per la realizzazione del CRC-102A. In seguito si è occupato dello studio delle Reti di Petri, e ha effettuato ricerche sui sistemi di calcolo, sull’architettura dei microelaboratori, sui linguaggi di programmazione e sulle reti di calcolatori. È stato fondatore e presidente dell’AICA, un’organizzazione di cultori ed esperti volta alla promozione dell’informatica in Italia.

Ernesto Damiani

Negli anni ’90 ha contribuito alla diffusione di Internet in Italia, scrivendo svariati libri sull’argomento. Inoltre si è occupato del mondo dei Big Data, pubblicando più di 400 tra articoli e libri.

Ernesto Damiani al EE SCC-Cloud-BigData Congress di San Francisco, dove è stato premiato con lo Stephen S. Yau Services Computing Award. Credits: sesar.di.unimi.it

Franco Filippazzi

A lui si deve il primo elaboratore italiano, l’Olivetti Elea, entrato nel mercato nel 1959.  È diventato direttore dell’area di ricerca tecnologica di Olivetti, permettendone l’inserimento in un contesto mondiale. Le sue ricerche spaziano dai circuiti integrati a film sottile, a dispositivi superconduttori, a memorie ottiche associative.

Massimo Marchiori

Nel 2004 vince il premio TR100, che viene dato ai 100 giovani ricercatori più innovatori nel mondo. Attivo nella ricerca in ambito web semantico, ha ideato Hyper Search, un motore di ricerca che dava punteggi ad una pagina anche sulla base di come si legava col resto del web. L’algoritmo PageRank cita questo lavoro nell’articolo relativo alla sua formulazione. Attualmente è ricercatore scientifico nel W3C.

Massimo Marchiori (a sinistra) e Tim Berners-Lee. Credits: www.dsi.unive.it

Tomaso Poggio

È direttore dell’Artificial Intelligence Laboratory del MIT, ed è considerato tra i padri dell’IA e delle neuroscienze assieme a Minsky e McCarthy. I suoi studi vertono in particolare nello sviluppo di un nuovo approccio teorico ai problemi della computer vision.

E le nuove generazioni?

Due anni fa HackerRank pubblicava una classifica dei paesi con i migliori programmatori, e con grande gioia scoprivamo che l’Italia era al 10° posto. Non male, dal momento che paesi come India e Stati Uniti figuravano al 28° e al 31° posto. E allora perché si sente parlare poco dell’Italia?

Uno dei motivi principali sta sicuramente nel fatto che molte menti lavorano all’estero. La classifica si riferisce agli individui di nazionalità Italiana, e non a coloro che hanno la residenza in Italia. Gli informatici italiani sono tra i più ricercati all’estero, ed è anche grazie al grande apporto che danno alle aziende estere che esse spiccano più di altre.

In Italia, nelle aziende, c’è ancora molta confusione sul ruolo che dovrebbe avere un informatico, cosa che sembra molto più delineata all’estero. Ma questo non ci deve scoraggiare: il mercato ha bisogno di cambiare, e gli unici che possiamo farlo siamo noi. Come hanno fatto gli altri grandi in passato.

 

Published by
Marina Londei