Marvin Minsky: quello che ci ha lasciato dell’intelligenza artificiale
E’ morto, pochi giorni fa, Marvin Minsky, filosofo e scienziato specializzato in intelligenza artificiale
Se le macchine intelligenti potessero provare emozioni, sarebbero tristi di questa perdita. Aveva 88 anni quando è morto il 24 Gennaio 2016. Marvin Minsky ha lavorato al MIT dal 1958, compiendo numerosi studi riguardanti l’informatica e l’intelligenza artificiale.
Con la laurea in matematica e un dottorato nella medesima materia, fu scienziato, ingegnere, filosofo e anche inventore. Nel 1951 costruì SNARC, la prima rete neurale simulata, e inventò, tra l’altro, il primo microscopio a scansione confocale, alcuni dispositivi robotici tra cui alcune braccia robot e il “Muse”, un sintetizzatore di musica elettronica. Nel 1958 fondò, insieme a John McCarthy, il laboratorio di intelligenza artificiale del MIT.
Nel corso della sua vita studiò l’intelligenza artificiale secondo l’aspetto tecnologico e dal punto di vista etico, quindi l’impatto che essa potrebbe avere nella società, scrivendo diverse opere come “La società della mente” nel 1985 e “The emotion machine” nel 2006. Minsky pensava che la mente umana potesse essere replicata da un computer, permettendo contemporaneamente di studiare meglio il cervello dell’uomo.
Per i suoi contributi nell’informatica, Minsky vinse l’A.M. Turing, il “premio Nobel” dell’informatica, il più alto riconoscimento in questo settore.
Quello che ci ha lasciato dell’intelligenza artificiale è l’intelligenza artificiale stessa. Il concetto che abbiamo di essa è tale solo grazie a lui, come le sfide riguardanti l’IA che scienziati e ingegneri cercano tutti i giorni di superare, sono iniziate da lui. Oggi abbiamo robot che ci capiscono e robot che ci assomigliano come il piccolo iCub, cervelli artificiali che imparano come noi e software che riproducono l’intelligenza umana, e tutto questo è anche merito di Marvin Minsky.