“Macchina da cucire” per il cervello: nuova frontiera delle Bci
Sembra che il sogno di Elon Musk, iniziato con la fondazione della start-up Neuralink, stia facendo dei significativi passi in avanti. Musk ha voluto fortemente lo sviluppo di un’efficace collaborazione uomo-macchina, come unica arma di difesa dell’umanità contro un eventuale sopravvento delle macchine super intelligenti, timore che ha manifestato più di una volta.
Lo studio, descritto in un paper accademico non ancora pubblicato e che vede come autori cinque ricercatori che hanno già lavorato in passato per Musk, delinea un modo per impiantare rapidamente un cablaggio elettrico nel cervello. Il processo è un passo importante verso un potenziale sistema per collegare il cervello umano direttamente ai computer.
Anche l’Agenzia per i Progetti di Ricerca Avanzata per la Difesa degli Stati Uniti (DARPA), ha mostrato subito interesse per la ricerca, fornendo supporto finanziario pari a $ 2,1 milioni all’Università della California, a San Francisco, dove la maggior parte del lavoro è stato svolto in collaborazione con un laboratorio a Berkeley.
“Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per perfezionare il sistema di interfaccia generale e integrare meglio i suoi componenti, questi sviluppi potrebbero in definitiva aprire la possibilità di raggruppare robot di nuova generazione, software di intelligenza artificiale ed elettronica per creare alternative alle tecniche neurochirurgiche attuali”, Justin Sanchez, direttore dell’ufficio Tecnologie Biologiche della DARPA.
Una “macchina da cucire” per il cervello
Così è stato definito il nuovo sistema, ancora in fase di test, che prevede la rimozione di una frazione del cranio per poi inserire un singolo ago che invia elettrodi flessibili nel tessuto cerebrale.
Gli scienziati hanno lavorato per anni su come posizionare gli elettrodi nel cervello causando il minor danno possibile. Una delle principali sfide è stata la realizzazione di elettrodi altamente flessibili che possano muoversi insieme al cervello ma che siano abbastanza rigidi da poter essere inseriti nel punto giusto.
Infatti, i nuovi elettrodi sono malleabili, sottili e lunghi pochi millimetri. La “macchina” inietta un elettrodo ogni pochi secondi, molto più velocemente dei metodi alternativi. Per completare il sistema c’è un piccolo circuito stampato, che si trova sul retro della testa e registra i segnali provenienti dal cervello.
Ma non è tutto rose e fiori
I test sono stati realizzati su ratti maschi adulti Long-Evans, un soggetto comune usato nei laboratori. I ricercatori, però, hanno trovato non poche difficoltà.
Per prima cosa, elettrodi così sottili non sono semplici da posizionare. Una volta posizionati però, non si sono dimostrati durevoli nel tempo. Solo un ratto con due dozzine di elettrodi impiantati è stato monitorato per due mesi. Un altro problema sono state le schede posizionate sulla sommità delle teste dei topi: si sono scollate dopo poche settimane. Inoltre, gli esperimenti a volte hanno causato danni ai tessuti minori.
Possibili applicazioni
Questa tecnica è ancora lontana anni luce da poter essere testata sugli umani, tuttavia le scoperte potrebbero aiutare gli scienziati a capire meglio l’organo più enigmatico che possediamo: il cervello.
Musk spera di poter aiutare le persone che hanno subito gravi lesioni cerebrali sviluppando questa tecnologia entro il 2021. Inoltre, permetterebbe anche trattare i pazienti con malattia di Parkinson, perdita di memoria o altri disturbi neurologici.
Source: https://www.bloomberg.com/news/articles/2019-04-11/team-linked-to-elon-musk-neuralink-outline-brain-monitor-system