L’Europa sta costruendo la prima Internet Quantistica

Da un accordo tra la Commissione Europea e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) nasce il nuovo progetto di una Internet quantistica basata sulla costruzione di infrastrutture a terra da collegare ai satelliti nello spazio. L’idea è stata annunciata il 9 Aprile al terzo Digital day (il vertice annuale sullo stato delle politiche dell’innovazione), quando la Direzione generale per le comunicazioni (Dg Connect) ha siglato con l’ESA un accordo per realizzare la prima infrastruttura quantistica QCI (Quantum Communication Infrastructure).

Le comunicazioni quantistiche possono proteggere i dati sensibili e le infrastrutture digitali dell’Europa per i prossimi anni”, ha dichiarato Roberto Viola, direttore generale della Dg Connect. E oltre alla cybersicurezza, ha aggiunto, offrono applicazioni in campi come “le firme digitali, l’autenticazione e la sincronizzazione degli orologi.

Divisione tra Terra e Cielo

L’intera infrastruttura QCI sarebbe costituita da componenti distribuiti sia a terra che nello spazio. L’accordo prevede che la Dg Connect si occupi della messa a punto della rete a terra che include snodi critici quali siti della difesa, centri di ricerca e data center. Dello spazio invece se ne occuperà l’ESA mediante il programma SAGA (Security And criptoGrAphic mission). Quest’ultimo sarà focalizzato prevalentemente su comunicazioni crittografate, e studierà come collegare in modo sicuro le reti terrestri ai satelliti attraverso le regole della meccanica quantistica, coprendo così l’intero continente. 

Finanziamenti

I finanziamenti siglati dalla Commissione per il progetto ammontano ad un miliardo di euro e prevedono lo sviluppo di tecnologie nei campi del quantum computing (telecomunicazioni, informatica, misurazioni, scienza di base e modelli di simulazione). Entro giugno Bruxelles punta ad assegnare 15 milioni per i progetti legati allo sviluppo di chiavi quantistiche, un sistema avanzato di protezione delle informazioni.

Cosa intendiamo con telecomunicazioni quantistiche?

Si tratta di tecnologie che permettono la trasmissione e la ricezione di dati usando protocolli che si basano sulla meccanica quantistica. La ricerca si sta muovendo su due fronti, da un lato la creazione di comunicazioni sempre più sicure, dall’altro la costruzione di una vera e propria internet quantistica. Per quanto riguarda la sicurezza, il metodo è funzionante e già in uso. Si tratta di una serie di protocolli con i quali lo scambio di dati (classico, ovvero che avviene su una rete tradizionale, non quantistica) viene protetto da chiavi crittografiche generate quantisticamente, che hanno la proprietà di distruggersi nel momento in cui qualcuno tenti di accedervi. Riguardo all’Internet quantistica la faccenda è più complicata e riguarda la creazione di una piattaforma di condivisione e scambio di informazioni quantistiche, i cosiddetti qubit.

Wiesner, Bennett e Jianwei, un po’ di storia…

L’idea di un protocollo per le telecomunicazioni quantistiche risale agli anni settanta, quando il fisico Wiesner intuì il potenziale di uno dei principi più basilari della meccanica quantistica, secondo cui è impossibile misurare una proprietà di un sistema senza cambiarlo. Ciò vuol dire che se un sistema classico assume generalmente uno stato definito, un sistema quantistico si trova invece in una sovrapposizione di stati. E nel momento in cui si esegue una misurazione, il sistema quantistico collassa su uno di essi. Lo stesso accade se si tenta di replicare un sistema quantistico e si esegue la misura della sua replica, è il cosiddetto principio del no-cloning quantistico. Le ripercussioni in ambito informatico e delle telecomunicazioni apparvero subito molto interessanti a Wiesner: anzitutto, in virtù della sovrapposizione degli stati, un sistema quantistico può memorizzare più informazioni rispetto a un sistema classico (in particolare al bit, che può assumere solo i valori di zero e uno); inoltre, il principio del collasso del sistema e del no-cloning fa sì che qualsiasi tentativo di accesso ai dati (da parte di un hacker, per esempio) non potrebbe passare inosservato.

Nel decennio successivo gli studi di Charles Bennet, informatico della IBM riuscirono a mettere a punto un protocollo che rendeva possibile generare una chiave crittografica quantistica condivisa tra due utenti e inaccessibile dall’esterno. Il tutto dipende dal fatto che la luce può essere polarizzata, in modo che le onde elettromagnetiche oscillino in un piano orizzontale o verticale. Un utente converte una sequenza casuale di 1 e 0 in una chiave quantistica codificata in questi due stati di polarizzazione e la invia in streaming a un’altra persona. In una sequenza di passaggi, il destinatario misura la chiave e stabilisce che la trasmissione non è stata disturbata. Fiduciosi nella sicurezza della chiave, le due parti possono quindi crittare qualsiasi messaggio costituito da bit classici, per esempio un’immagine, e inviarlo come se fosse un qualsiasi altro messaggio crittografato sull’Internet convenzionale o qualsiasi altro canale. Nel 1989, Bennett guidò il gruppo che per primo dimostrò sperimentalmente questa “distribuzione quantistica di chiavi” (quantum key distribution, QKD). Oggi, i dispositivi QKD che usano schemi simili sono disponibili in commercio e generalmente sono venduti a organizzazioni finanziarie o governative.

Nel 2017, il fisico Jianwei Pan ha utilizzato il principio QKD per comunicare da un satellite a Terra. Usando una variante del protocollo di Bennett, il satellite ha creato due chiavi, poi ne ha inviata una a una stazione di terra a Pechino e un’altra a Vienna mentre ci passava sopra. Un computer di bordo poi ha combinato le due chiavi segrete per crearne una nuova, che ha trasmesso con un canale classico. Dotati delle loro chiavi private, i gruppi di Vienna e di Pechino potevano decifrare quella chiave combinata essenzialmente sottraendo la propria, e conoscere così la chiave segreta dell’altro.

Credit: newatlas.com
Credit: newatlas.com

Si tratta, ovviamente, di un sistema di telecomunicazioni ibrido: il messaggio vero e proprio viene scambiato usando protocolli classici (non quantistici), mentre le chiavi per decifrarlo sono generate quantisticamente.

Come funzionerebbe l’Internet quantistica?

In questo caso sia le informazioni che le chiavi sarebbero generate e scambiate quantisticamente. Alla base del funzionamento di un protocollo simile risiede il concetto dell’entanglement o correlazione quantistica secondo il quale due (o più) particelle quantistiche possono essere legate intrinsecamente tra loro in modo tale che ogni operazione di misura che si effettua su una di esse si riflette sull’altra.

La rivista Nature offre un semplice esempio di come funzionerebbe una rete quantistica basata sul principio della correlazione quantistica.

“Immaginiamo di avere due utenti, Alice e Bob. Alice possiede informazioni memorizzate in un qubit A e vuole inviarle al qubit B di Bob. Per scambiarsi i dati, Alice e Bob devono dotarsi di altri due qubit (che servano da proxy, cioè intermediari) PA e PB tra loro correlati quantisticamente. Alice, a questo punto, correla il proprio qubit A con il proxy PA: di conseguenza, A diventerà correlato anche con PB. In sostanza, Alice esegue una particolare misura contemporanea su A e su PA, condividendone poi il risultato con Bob. Bob usa questa informazione per manipolare il proprio qubit B e farlo collassare sullo stesso stato del qubit A di Alice.”

Credit: nature.com

Per quanto sembri strano, il sistema funziona davvero. Tuttavia gli scienziati devono ancora far fronte ad alcuni problemi pratici, tra i quali il più cruciale riguarda la distanza a cui si può produrre questo entanglement dal momento che i segnali quantistici che viaggiano lungo la fibra ottica tendono a essere attenuati esponenzialmente con la distanza percorsa. Una possibile soluzione sarebbe far viaggiare il segnale nello spazio, come ha fatto l’équipe di Jianwei, sfruttando il fenomeno che l’attenuazione in atmosfera è molto più debole che quella lungo la fibra.

Le reti che sfruttano fenomeni della fisica quantistica come l’entanglement e il teletrasporto potrebbero garantire un balzo in avanti in termini di capacità di calcolo, sicurezza e opportunità di ricerca scientifica. Ma nonostante i notevoli progressi, ancora non è facile prevedere quando le reti quantistiche diventeranno realtà.

Anche in Italia si lavora alla rete quantistica del futuro. A occuparsene, tra gli altri, è l’équipe di Giuseppe Vallone, del laboratorio Quantum Future all’Università degli studi di Padova

“Il nostro gruppo di ricerca lavora da tempo alla dimostrazione di fattibilità di protocolli di crittografia quantistica basati sul principio della Qkd. Lavorando con l’Agenzia spaziale italiana siamo riusciti, in particolare, a dimostrare la fattibilità di una comunicazione quantistica satellitare che si basa sulla polarizzazione dei fotoni e, in seguito, di un altro protocollo che si basa sulla fase dei fotoni. Inoltre, in tempi più recenti abbiamo messo a punto un generatore quantistico di numeri casuali, che può trovare applicazioni interessanti nel campo della sicurezza informatica”.