Come la tecnologia può aiutare i rifugiati – Hacks, idee, innovazione e design.

In questi giorni si è tenuto lo SpaceHack di Berlino, un grande Hackathon con partecipanti da tutta europa. Il tema? Come la tecnologia può migliorare la vita dei rifugiati.  In ogni passo del loro viaggio: dalla partenza all’arrivo, dalla dichiarazione dello stato di rifugiato all’integrazione.

L’argomento è sempre di maggiore interesse sia per gli sviluppatori sia per gli stessi rifugiati. Progetti come REDI – School stanno cambiando enormemente il modo in cui il mercato stesso interagisce con i rifugiati, che diventano delle risorse equivalenti alla popolazione locale, in quanto la voglia di integrarsi e riscattarsi è spesso un catalizzatore, una motivazione valida per imparare sempre più.

In due giorni sono nati ben 24 progetti diversi. Ma qual è la direzione da prendere? Quali sono gli ambiti in cui c’è più bisogno di innovazione?

Sostegno psicologico, integrazione sociale e comunicazione.

Uno degli ambiti in cui si necessità di innovazione, nuove tecnologie e progetti è proprio quello del sostegno psicologico, della possibilità di creare comunicazione tra rifugiati e popolazione locale, l’integrazione.

L’hackathon ha visto nascere TalkToHadi,  un’intelligenza artificiale per creare sostegno psicologico diretto a chi ne ha bisogno, con analisi del testo per comprendere la richiesta d’aiuto e indirizzarla nel posto giusto.

Un secondo progetto è proprio quello in cui io stesso ho collaborato: un portale web e mobile per creare ponti di comunicazione tra rifugiati e popolazione locale, per collegare le persone giuste al momento giusto, creando opportunità di lavoro, di condivisone, di educazione.

semplificazione della burocrazia

Un altro degli ambiti in cui c’è bisogno di innovazione è proprio la burocrazia: lenta, accecante, stingente. E’ difficile creare opportunità se si è stretti in questa morda burocratica. Ci ha provato il team vincente con Bureaucrazy, e a quanto apre c’è riuscito! Ma è importante continuare in questa direzione con sempre nuove idee.

Un’idea degna di nota è quella di creare una rete completamente virtuale basata su blockchain. In questo modo è possibile farsi identificare, attribuire certificati, effettuare pagamenti e pagare tasse.

Nessuno potrebbe falsificare documenti. Si potrebbero velocizzare le politiche di accesso al lavoro e di identificazione. Si darebbe il modo di certificare le proprie capacità, tramite documenti firmati dagli educatori, insegnanti, progetti di informazione ecc.. In questo modo, si fornisce la possibilità di crearsi il proprio spazio in uno stato straniero, la propria identità, senza bisogno di cambiare le leggi: è tutto virtuale, sì, ma garantito, certificato e trusted.

creare indipendenza economica

Oggi, uno dei migliori modi per creare indipendenza economica è proprio quello di valorizzare le risorse al 100%. Ricordiamo che i rifugiati arrivano da paesi in cui hanno lavorato, imparato e creato. Non arrivano senza niente, ma con un bagaglio culturale equivalente al nostro.

Uno dei progetti interessanti nati proprio all’hackathon è RefStart, è italiano e fornisce la possibilità alle donne rifugiate di cucinare piatti tipici o vendere oggetti artigianali. La piattaforma mobile dà la possibilità alle donne rifugiate (ma anche agli uomini, perchè no!)  di integrarsi fornendo un servizio utile alla popolazione locale, in cerca di cucina nuova e particolare.

In questo modo si può accedere a una cucina culturalmente diversa ad un prezzo accessibile e aiutare anche le comunità dei rifugiati ad autosostenersi. Non è anche questo ciò che avremmo dovuto imparare dall’expo? Il cibo può unire e innovare.