La start-up 3Bee e le arnie Hi-Tech salveranno le api
Negli ultimi anni la moria delle api ha messo in allerta produttori di miele e scienziati, preoccupati per le conseguenze che il fenomeno avrebbe sull’intero ecosistema. Gli esperti stimano che la popolazione di questo prezioso insetto si sia ridotta del 30%. Ciò sarebbe dovuto oltre che ai cambiamenti climatici ormai evidenti, anche all’utilizzo di pesticidi e fungicidi.
Il progetto non nasce quindi come una semplice innovazione hi-tech, ma anche da una volontà di tutelare l’ambiente. Infatti l’80% di quello che mangiamo viene impollinato dalle api, ma ogni anno gli apicoltori soffrono la perdita di circa la metà dei propri alveari. Il progetto ha già vinto il premio della Fondazione Barilla come uno dei dieci migliori progetti al mondo in quanto a sostenibilità, ed è stato selezionata tra i New Heroes di Redbull.com.
Un alveare 3.0 in grado di prendersi cura delle api.
Il progetto nasce in Lombardia e i creatori sono: Riccardo Balzaretti che, dopo una laurea triennale in Scienze biologiche e una magistrale in Biologia ha deciso di fare ritorno nel nostro Paese dopo un periodo in Irlanda. Niccolò Calandri, ingegnere elettronico che ha lasciato il Mit di Boston per rientrare in Italia ed Elia Nipoti, tecnologo alimentare laureato all’università degli Studi del capoluogo lombardo.
“La nostra impresa è nata sia per aiutare gli apicoltori sia per far star meglio le api, ma soprattutto per portare un benessere più generale all’ambiente che ci circonda”.
‘Hive-Tech’ consente di controllare a distanza i bisogni delle api registrandone peso, temperatura, umidità, suoni e odori. La tecnologia è adattabile a qualsiasi tipo di alveare e si autoalimenta con un pannello fotovoltaico. I dati, che vengono registrati senza sosta – ogni minuto – sono trasmessi ad una piattaforma cloud accessibile da remoto dall’apicoltore, così da scongiurare morie dovute a malattie indesiderate.
Ma in che cosa consiste la soluzione proposta da 3Bee?
Nelle arnie si posiziona una schedina in cui sono presenti 4 sensori: E-Eye che analizza l’intensità e lo spettro luminoso della luce ambientale. E-Hand che rileva la temperatura (che serve per capire se c’è o meno l’ape regina) e l’umidità interne all’alveare e misura l’incremento ponderale dell’arnia. E-Nose che fiuta la qualità dell’aria, l’ossigeno e l’anidride carbonica presenti nell’alveare. E infine E-Ear che sente l’intensità e lo spettro sonoro delle vibrazioni delle api (in modo da riconoscere il proliferare di certe malattie).
In questo modo i Big Data raccolti dai sensori potranno essere utilizzati per proteggere le api. L’acquisizione massiccia dei dati sullo stato di salute permetterà di realizzare una mappa dettagliata dell’inquinamento del territorio. Ogni ape, infatti, riporta nel nido l’inquinamento “assorbito” durante il volo.
Il sistema potrà inoltre essere utilizzato da chiunque. Dagli apicoltori, per migliorare la qualità di vita all’interno dell’alveare, permettendo di intervenire tempestivamente in caso di bisogno come sciamatura, diminuzione del numero di api, problemi con la vitalità della regina, presenza di agenti stressogeni chimici o fisici. E anche da chiunque voglia adottare un alveare grazie all’App dedicata, attraverso la quale si gestisce l’attività in qualsiasi momento, da qualsiasi luogo e da qualsiasi dispositivo accedendo all’area riservata e controllando gli alveari rimanendo sempre connessi.
La tecnologia è completamente auto-sostenibile. Non solo perché sfrutta l’energia solare e le vibrazioni prodotte dagli insetti, ma anche perché si auto-alimenta economicamente: tutti potranno acquistare i prodotti certificati che le api fabbricheranno all’interno degli alveari 3.0, così da contribuire all’installazione di nuovi sistemi 3Bee.
Un database internazionale
Una vera svolta si potrebbe però ottenere se si riuscisse a creare un database internazionale in cui ogni apicoltore possa condividere le proprie informazioni, allora si potrebbe lavorare alla costruzione di algoritmi predittivi per contenere l’effetto delle malattie, dei parassiti e in generale delle cause di morte.
“L’Internet of Things per l’acquisizione dei biomarker, la condivisione dei dati in cloud e il machine learning, dunque, sembrano le tre direttrici tecnologiche su cui 3Bee vede il suo più diretto sviluppo. Un modello che si sta già pensando di applicare anche ad altri allevamenti oltre alle api, come ad esempio per i polli e per i suini.”
Obiettivi
L’obiettivo di 3Bee per il 2018 è di arrivare alla realizzazione di mille alveari hi-tech e a un fatturato di 500mila euro, mentre con l’anno prossimo si punta a quota 10mila arnie in tutta Europa e a raggiungere un totale di 15 dipendenti. Per il 2020 poi, c’è la volontà di esportare il prodotto anche negli Stati Uniti.
L’idea innovativa di 3Bee non è passata inosservata e infatti è stata scelta tra le dieci migliori a livello mondiale da “BCFN YES! International Competition”, un contest promosso da Fondazione BCFN (Barilla Center for Food & Nutrition Foundation) che premia i migliori progetti su cibo e sostenibilità di giovani studenti e ricercatori.
L’arnia del futuro non servirà solo alla salvaguardia delle preziosissime api, ma “sarà d’aiuto ai ricercatori che avranno così un dispositivo affidabile per studiare i recenti fenomeni connessi alla moria delle api, come la famosa sindrome da spopolamento dell’alveare.”
Melixa
Ma la 3Bee non è la sola azienda italiana che si pone a difesa delle api. Al suo fianco si presenta anche una start-up con sede in Trentino, chiamata Melixa. La Melixa ha creato una propria versione dell’arnia 3.0. Anche in questo caso si tratta di un sistema altamente tecnologico che, grazie a diversi sensori, effettua un monitoraggio costante dell’arnia.
Con il Melixa System l’apicoltore è in grado di conoscere la quantità di miele prodotta da una colonia, la temperatura dell’arnia e persino il numero esatto delle api che entrano ed escono dall’alveare. Tutti i parametri sono disponibili in tempo reale grazie al sistema GPS collegato in cloud.