Articolo a cura di Simone Tanzarella.
Internet of Things – Immaginate il vostro frigorifero che, in base a quello che contiene, sarà in grado di comunicarvi mentre siete in metro o in chiusura dal lavoro tutti i possibili menù che potrete scegliere per cena e prenderà ordini su cosa desiderate. Appena arriverete a casa saprete già cosa dover cucinare e il vostro frigo potrebbe anche suggerirvi gustose e facili ricette trovate nei migliori siti di cucina. Immaginate che anche i vostri fornelli e il vostro forno vi diano una mano e, appena mettete una pentola o una padella sul fornello, sappiano già quando accedersi e quando spegnersi perché sanno qual è la cottura ottimale dei cibi che preparate. Così, a meno che non dobbiate girare qualche risotto o qualche sugo di tanto in tanto (ma confido in futuro in pentole con mescolatore automatico incorporato), potrete andarvi a sdraiare comodamente sul divano finché la cena non sarà pronta. Una casa dove le luci in una stanza si spengono quando non c’è nessuno. Una casa che conosce le vostre abitudini perché le sedie, le poltrone e il letto sanno quando vi ci appoggiate sopra. Un buono strumento per il vostro medico per monitorare il vostro stile di vita su vostra esplicita richiesta.
Rendere intelligenti gli oggetti della casa[1] [2] è uno dei tanti esempi di come, inserendo sensori, tag RFID e processori all’interno dei nostri oggetti, potremo cambiare completamente il nostro stile di vita. Immaginate a esempio il settore sempre crescente dei dispositivi indossabili [3], vestiti e indumenti sensorizzati che possono misurare i vostri movimenti, il vostro battito cardiaco, la vostra respirazione e altri parametri della vostra attività fisica e del vostro stato di salute. Strumenti utilissimi per un monitoraggio a distanza da parte di medici, fisioterapisti e personal trainer che potranno vedervi nella vostra vita quotidiana senza scomodarvi per visite mediche.
L’ Internet of Things applicato alle città darà invece vita alle Smart Cities [4], mentre quello applicato ai contatori e alla reti di produzione e distribuzione dell’energia, dove i produttori possono anche essere gli utenti stessi della rete che immettono l’energia non utilizzata prodotta dai loro pannelli fotovoltaici, darà vita alle Smart Grid. Sono processi tecnologici già iniziati, che raggiungeranno probabilmente l’apice nei prossimi 10-20 anni o forse prima, chi lo sa. Fare previsioni sull’accelerazione del progresso di tali tecnologie non è facile e dipende molto dai partner economici e finanziari che investiranno in tali processi e con che ritmo lo faranno.
Prendiamo le Smart Cities ad esempio: avremo statistiche approfondite sui flussi del traffico che potranno consigliare alle nostre auto col pilota automatico quale via è meglio percorrere per giungere a destinazione nel minor tempo possibile e evitare strade dove sono avvenuti incidenti. Certo, Google Map e i nostri navigatori possono fare già molto, ma immaginate quando le informazioni non verranno solo dai satelliti ma da sensori sparsi ovunque per la città. Sensori che monitorano continuamente la qualità dell’aria e che possono essere immediatamente consultati da un app. Altro che le centraline che monitorano solo una volta al mese di cui disponiamo attualmente. Le politiche del traffico potrebbero essere tarate su questi strumenti. Ho parlato di auto con pilota automatico: fantascienza? Non sembra, dato che sia Google [5], che Apple [6], che Tesla [7] stiano escogitando metodi per rivoluzionare il mercato dell’auto e puntare ad auto intelligenti che si collegano ad internet[8] per ricevere informazioni e rendere più sicuro possibile il viaggio per il loro passeggero, oltre che per gli autisti degli altri veicoli e per i pedoni.
L’ Internet of Things, cioè l’idea che la rete non connette più solo gli esseri umani , ma anche gli oggetti che fanno parte del nostro ambiente, si basa su più di un presupposto. Primo, la miniaturizzazione dell’elettronica di sensori e microcontrollori. Secondo, il sempre maggior interesse per algoritmi che mettano in comunicazione diversi nodi di una rete e la capacità di accedere ad enormi moli di informazioni, oltre che la maggior facilità di programmare piattaforme già pronte per la prototipazione come Arduino o Raspberry. Terzo, le moli di informazioni di cui parlavamo e cioè i Big Data. Enormi banche dati consultabili da intelligenze artificiali sempre più progredite in grado di classificare tali dati ed estrarre le informazioni utili. I discendenti degli attuali motori di ricerca, per intenderci. È quindi evidente che il quarto fondamentale presupposto è l’esplosione dell’intelligenza artificiale che permetterà ai nostri oggetti e ai sistemi che gestiscono questa enorme complessità di funzionare nel modo migliore possibile, migliorarsi continuamente e autoapprendere.
Come cambierà la nostra società alla luce di tutto questo? Quali sono i pericoli insiti in tale processo?
Anzitutto, la dipendenza dalle tecnologie digitali crescerà esponenzialmente e le multinazionali dell’elettronica, dell’informazione e dei social media accresceranno enormemente il loro potere molto più di ora e cambieranno completamente i connotati all’attuale mercato. Elettrodomestici, domotica, trasporto pubblico, sistemi di sicurezza, automobili, distribuzione dell’energia, indumenti, dispositivi medici e molto altro, entreranno progressivamente nella loro sfera di influenza, fondendosi con i settori di cui hanno già il monopolio: computer, internet, smartphone, tablet, cloud computing, social network e realtà virtuale.
Ma tale dipendenza potrà creare enormi rischi per la sicurezza. Potranno hackerare non più solo il nostro pc ma anche la nostra casa, la nostra auto, la nostra città o il nostro ospedale (e non più semplicemente il sito dell’ospedale) perché tutto sarà dotato di un’intelligenza digitale e della capacità di comunicare. Le task force di informatici saranno i nuovi eserciti. Il potere dei tecnici, già in aumento [9] , in una società simile potrebbe tranquillamente superare quello dei manager con una formazione puramente economica e finanziaria. Già adesso le banche e gli organismi finanziari e assicurativi licenziano personale sostituendolo con automi. Il funzionamento di una banca è sempre più determinato dal suo sistema informativo e la sua tecnologia [10] [11] [12]. La banca non sa più che farsene degli uomini in filiale. Sempre più settori vedono un automatizzazione spinta di molti lavori un tempo gestiti da esseri umani e ora più facilmente gestiti da macchine che intelligentemente accedono ai Big Data. I ruoli più richiesti sono per i progettisti, i programmatori, i monitoranti e i manutentori di tali macchine. Un sistema economico, finanziario e produttivo che rapidamente devolve potere decisionale ed organizzativo agli automi e ad una rete che contiene sempre più informazioni.
Questo processo presumibilmente accelererà in tutti i settori economici e potrebbe essere l’innesco di una quarta rivoluzione (post) industriale [13] [14] [15](se intendiamo la prima con carbone e macchina a vapore; la seconda con elettricità, petrolio e auto; la terza con l’avvento dei computer e di internet, che non è ancora finita[16] [17] [18] ) basata su una diffusione dell’intelligenza artificiale all’interno dell’ambiente in cui viviamo. Questo implica che il paesaggio delle città più importanti, l’aspetto di una casa, le modalità di trasporto, di distribuzione dell’energia, della gestione della sanità e del modo di scambiarci informazioni cambierà a ritmi sempre più rapidi. Basandosi tale rivoluzione industriale su infrastrutture che presentano un grande costo iniziale ma che poi si basano su una risorsa immateriale che è l’informazione, dopo un investimento iniziale, il progresso comincerà ad essere inarrestabile perché non più frenato dal problema della scarsità delle risorse. Le leggi di mercato stesse secondo alcuni esperti cambieranno, in un mondo dove l’open source riguarderà qualunque ambito produttivo. Una stampante 3D [19] [20] potrà produrre a casa mia il progetto di un designer americano a cui in cambio farò pubblicità su Instagram e che magari sosterrò con una donazione.
C’è da chiedersi se tale processo interesserà ancora una volta i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo o anche i paesi che soffrono maggiormente e che sono emarginati dal progresso tecnologico. Può una rivoluzione digitale risolvere il problema della povertà?