Isaac Asimov, padre dei “racconti sui robot” si è sempre battuto per contrastare l’idea, ormai radicata nella società, che i robot siano delle minacce per il genere umano. Uno dei principi dell’intera produzione di Asimov era quello di creare una linea guida di convivenza tra umani e androidi. Nella fantascienza classica, spesso il ruolo del cattivo era affidato a dei robot, un’idea che ancora oggi è usata in ambito fantascientifico. Grazie Hollywood, se oggi la maggior parte delle persone hanno un’idea distorta di ciò che rappresenta la robotica, e in particolare, l’intelligenza artificiale (N.d.A).
Un passo avanti è stato fatto dalla Commissione Europea, che lo scorso gennaio ha pubblicato una bozza di ciò che saranno le prime leggi sulla robotica. Ma non bastano delle semplice “leggi” che gestiscono il comportamento dei robot, ma soprattutto degli sviluppatori. Servono delle vere e proprie norme di convivenza uomo-macchina, che permettano di limitare possibili incidenti nel mondo del lavoro.
Un team internazionale di ricercatori ha, infatti, tradotto i dettagli della presa umana, convertendoli in “istruzioni” da fornire ai robot in modo da permettere scambi di oggetti nel modo più naturale e sicuro possibile. Ciò si deve a uno studio pubblicato sulla rivista “Science Robotics“, che nasce dalla collaborazione italo-australiana tra l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e l’Arc Centre of Excellence for Robotic Vision della Queensland University of Technology di Brisbane.
Per far fronte a un momento così delicato, cioè, il passaggio di oggetti da una macchina, caratterizzata dai movimenti poco fluidi, a una persona, i ricercatori hanno analizzato il comportamento di una serie di giovani adulti, impegnati ad afferrare un oggetto e a consegnarlo a un altro individuo.
Da questi esperimenti, gli studiosi hanno capito la differenza della presa a seconda dell’azione compiuta. Se un individuo deve afferrare un oggetto per usi personali, tenderà ad avere un presa diversa da quella che userebbe per passare lo stesso oggetto a un altra persona. Infatti, in quest’ultimo caso, la presa sarà più decisa, lasciando le estremità scoperte.
Secondo quanto spiegato da spiega Francesca Cini, studentessa Phd dell’Istituto di BioRobotica e prima firma del paper:
“Ci siamo accorti che negli studi che regolano le modalità attraverso cui un robot deve afferrare un oggetto, c’è poca attenzione al passaggio successivo, ovvero al modo in cui l’oggetto viene utilizzato dal robot. Questo aspetto invece è di fondamentale importanza nella cooperazione tra due sistemi e, di conseguenza, tra uomo e robot. Vi faccio un esempio: quando passiamo un cacciavite sapendo che l’altro lo dovrà utilizzare, lasciamo il manico libero in modo che egli possa afferrarlo e utilizzarlo facilmente. Non solo cambiamo il tipo di presa, ma consideriamo anche come il nostro compagno dovrà utilizzare l’oggetto. Sono proprio queste informazioni che vogliamo trasmettere ai robot”.
Il ruolo dei robot è sempre più attivo nel campo industriale. Il trasferimento di queste regole su un sistema robotico faciliterà il rapporto, e la visione, dell’uomo e delle machine. Ancora non abbiamo a disposizione dettagli tecnici sul funzionamento di questa nuova tecnica, né degli algoritmi che vengono impiegati. Sappiamo, però, che costituisce il prima passo verso ciò che potrebbe diventare uno nuova scienza (Robopsicologia, per esempio – N.d.A).
“La robotica collaborativa – spiega Marco Controzzi, ricercatore dell’Istituto di BioRobotica e responsabile dell’Human-Robot Interaction Lab Controzzi – rappresenta la prossima frontiera della robotica sia industriale che domestica, ma perché si realizzi è necessaria una nuova generazione di robot pensati per interagire con l’uomo in modo naturale. Questi risultati ci permetteranno di istruire i robot ad agire come un collaboratore umano, attraverso l’introduzione di regole semplici ed efficaci nella manipolazione degli oggetti durante azioni congiunte con l’uomo”.
Afferrare e manipolare un oggetto sono considerate azioni intuitive e semplici per noi esseri umani, come ha spiegato Valerio Ortenzi, ricercatore presso l’Arc e co-autore dello studio, che prosegue: In realtà non è così. Con questo studio cerchiamo di gettare una luce sul comportamento degli esseri umani mentre interagiscono tra loro.
“La manipolazione rimane una delle più grandi sfide nel settore della robotica – aggiunge Peter Corke, direttore dell’Australian Centre for Robotic Vision – Questa collaborazione di ricerca con la Scuola Superiore Sant’Anna costituisce una partnership vitale verso il nostro obiettivo di superare l’ultima barriera alla progettazione di robot veramente utili per la società”.