A usare la stessa terminologia si dovrebbe dire un salto quantico nel futuro, quello fatto da Leonardo Bacciottini, il primo Ingegnere Informatico (magistrale) a essersi occupato della tematica del quantum computing. Da qui la definizione “ingegnere quantistico” coniata dal professor Luciano Lenzini, suo relatore, e apparsa in questi giorni sulla stampa nazionale.
Un salto nel futuro perché le tematiche dell’informatica quantistica non sono ancora centrali nell’università italiana, anzi rimangono per lo più di nicchia e sono poco conosciute nonostante la grande rilevanza nel breve e medio periodo.
Il bit è l’unita minima di informazione che caratterizza l’intero sistema dell’informatica moderna. Un bit può assumere due soli valori 0 o 1, secondo il sistema binario e, in termini di elettronica, due stati, accesso o spento. Tale principio viene meno nell’informatica quantistica dove l’unità di informazione di base diventa il qubit.
Il qubit utilizza alcuni fenomeni quantistici come la sovrapposizione, l’interferenza e l’entanglement per descrivere il proprio stato. Mentre un bit poteva avere due soli stati, un qubit può avere lo stato 0, lo stato 1 o una combinazione lineare di entrambi gli stati. Quest’ultima caratteristica è data dalla sovrapposizione degli stati, con una certa probabilità che si tratti dello 0 e una certa probabilità che sia un 1. Nella concretezza applicativa ciò consente da un lato di rappresentare le informazioni con una maggiore facilità rispetto al sistema binario e dall’altro capacità di calcolo superiori.
Proprio l’aspetto legato alla capacità di calcolo è il cuore della ricerca odierna perché potrebbe portare alla risoluzione di taluni problemi che non trovano ancora risposta data la loro complessità computazionale. Purtroppo, i limiti della tecnologia a qubit sono ancora legati alla loro fragilità e molto legati ai fenomeni ambientali circostanti che possono renderli instabili. Un grande filone di sviluppo, pertanto, è quello legato alla costruzione di hardware più affidabile e all’individuazione di metodi di correzione d’errore estremamente efficaci.
Leonardo Bacciottini è stato il primo neolaureato ingegnere informatico magistrale ad esserci occupato di una tematica relativa al quantum computing anche se il suo percorso di studi, al pari di tutti gli altri studenti italiani, era essenzialmente centrato sulle materie classiche. Per questo Leonardo ha dovuto anche recuperare conoscenze pregresse relative alla meccanica quantistica che tuttavia non aveva affrontato nel percorso curriculare.
Le parole del professor Lenzini lasciano ben sperare che nel prossimo futuro l’informatica quantistica entrerà nei corsi di Laurea italiani, al pari delle altre discipline classiche. Infatti, come dichiarato negli articoli comparsi in rete, IBM ha intenzione di rilasciare entro il 2023 un computer quantistico a 1.121 qubit. Ma l’obiettivo finale è ben più ambizioso: questo primo traguardo servirà solo per affinare le capacità con lo scopo di rendere commercializzabile la tecnologia quantistica.
Le grandi aziende informatiche sono già all’opera per la corsa a chi riuscirà ad avere la meglio sull’emergente mercato quantistico e anche l’Italia lavora alla tematica con i suoi ricercatori. Come puntualizzato dal professore, il lavoro promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Università di Pisa sembra dare grandi frutti come successe circa 50 anni fa quando l’Italia venne connessa per la prima volta a Internet.
Concludendo, l’augurio è che questa nuova branca dell’informatica prenda sempre più campo in Italia e che si possa cavalcare l’onda dell’innovazione, senza arrivare “in ritardo” e rimanere indietro nella ricerca.