I walkie talkie esplosi in Libano: ecco come la guerra tecnologica di oggi si combatte con i dispositivi di ieri

Una serie di walkie-talkie (Pixabay)

Una serie di walkie-talkie (Pixabay FOTO) - www.systemscue.it

Dalle radio di vecchia generazione alle esplosioni inaspettate: come dispositivi superati diventano armi letali in un conflitto moderno.

I walkie-talkie sono dispositivi portatili a due vie che permettono la comunicazione vocale su brevi distanze utilizzando frequenze radio. Funzionano tramite un pulsante “push-to-talk” che attiva la trasmissione vocale, consentendo agli utenti di parlare uno alla volta.

Questi dispositivi sono ampiamente utilizzati in contesti in cui la comunicazione immediata e affidabile è fondamentale, come in ambito militare, di soccorso, sicurezza, o anche per attività ricreative come il campeggio e gli sport di squadra.

I walkie-talkie moderni possono operare su frequenze diverse e includono funzionalità avanzate, come la crittografia e la resistenza alle intemperie, rendendoli adatti a usi professionali e in situazioni estreme.

Sono preferiti per la loro semplicità d’uso, affidabilità in assenza di copertura telefonica e capacità di comunicare tra più utenti contemporaneamente senza costi di chiamata.

Le esplosioni in Libano e il ruolo della Icom

In un evento drammatico che ha scosso il Libano, una serie di esplosioni causate da walkie-talkie ha provocato la morte di almeno 20 persone e il ferimento di altre 450. Si sospetta che alcuni di questi dispositivi fossero utilizzati dal gruppo armato Hezbollah, aggiungendo un ulteriore elemento di complessità alla situazione. Dalle immagini e dai video diffusi subito dopo l’attacco, i dispositivi coinvolti sembrano essere modelli IC-V82, prodotti dalla Icom, una nota azienda di telecomunicazioni con sede a Osaka, in Giappone. Tuttavia, la Icom ha immediatamente preso le distanze da questi avvenimenti, sottolineando che la produzione di tali dispositivi è cessata oltre dieci anni fa, insieme alle batterie necessarie per il loro funzionamento.

La Icom ha dichiarato di non aver esportato i walkie-talkie IC-V82 né le loro batterie dal 2014, esprimendo preoccupazione per l’assenza di un ologramma che possa certificare l’autenticità dei prodotti esplosi in Libano. Questa situazione si inserisce in un contesto più ampio di crisi nel paese mediorientale, dove esplosioni legate a dispositivi elettronici sono diventate sempre più frequenti. Inoltre, la società ha precisato che tutti i suoi prodotti vengono fabbricati esclusivamente in Giappone e distribuiti solo tramite rivenditori autorizzati, sollevando ulteriori dubbi su come questi dispositivi siano finiti nelle mani di gruppi come Hezbollah.

Un walkie-talkie attaccato alla cintura (Pixabay)
Un walkie-talkie attaccato alla cintura (Pixabay FOTO) – www.systemscue.it

Un intricato mondo di contraffazioni e misteri aziendali

Non solo Icom, ma anche altre aziende asiatiche sono state coinvolte in esplosioni di dispositivi elettronici in Libano. La società taiwanese Gold Apollo è stata accusata per l’esplosione di migliaia di cercapersone, che hanno provocato 12 morti e oltre 2.000 feriti. Tuttavia, il fondatore di Gold Apollo, Hsu Ching-Kuang, ha negato qualsiasi coinvolgimento, spiegando che aveva ceduto il marchio a un’azienda ungherese chiamata BAC Consulting. Questa società, però, si è rivelata difficile da rintracciare, e i giornalisti della BBC non sono riusciti a ottenere alcuna conferma sulla sua esistenza o sui suoi legami con l’incidente.

L’inchiesta della BBC su BAC Consulting ha portato alla luce dettagli che aumentano il mistero. La società risulta essere registrata in un edificio di Budapest dove sono presenti altre 13 aziende e una persona, ma non sembra avere collegamenti rilevanti con altre entità o attività commerciali. Inoltre, la CEO di BAC, Cristiana Bársony-Arcidiacono, ha dichiarato di non sapere nulla delle esplosioni e di essere solo un intermediario, aggiungendo confusione sul ruolo della sua azienda nella vicenda. Questi episodi dimostrano la complessità della filiera dei dispositivi elettronici, soprattutto in un’area come l’Asia, considerata un polo globale per la produzione tecnologica e spesso soggetta a fenomeni di contraffazione che ne complicano ulteriormente il controllo.