Nel 1952 l’americana Grace Murray Hopper sviluppò il primo “compilatore” al mondo, una parte indispensabile dei moderni computer, che traduce una serie di istruzioni scritte in un determinato linguaggio di programmazione (codice sorgente) in istruzioni di un altro linguaggio (codice oggetto). Curioso è il modo in cui sia maturata nella sua mente questa idea, come racconta David Bodanis.
La Hopper aveva seguito per anni la pallacanestro femminile e aveva spesso osservato come avveniva un passaggio in avanti: colei che lanciava la palla immaginava il punto in cui si aspettava che una compagna di squadra la afferrasse, e iniziava il lancio ancor prima che la compagna fosse là.
Anni più tardi la Hopper amava spiegare come si fosse servita di quello schema nella logica dei suoi primi compilatori, per inviare istruzioni che sarebbero rimaste in attesa anticipando l’effettiva commutazione che il computer stava iniziando.
La Hopper amava anche raccontare di quel giorno del 1947 in cui aveva trovato una falena che causava un cortocircuito nel computer su cui stava lavorando alla Harvard. “Primo caso effettivo di “baco” scoperto” scrisse accanto al cadavere dell’animale accuratamente conservato, che fissò con il nastro adesivo sul suo giornale di bordo.
Sembra che il termine sia stato usato di tanto in tanto come generica spiegazione di misteriosi difetti dei circuiti elettrici fin dai tempi di Edison, ma grazie al ruolo fondamentale della Hopper alla Harvard e alla prova fissata con il nastro adesivo, il nome “baco” (bug) a quel punto si affermò definitivamente per indicare un difetto di funzionamento di un computer.