Da alcuni anni la fauna ittica delle Isole Orcadi scozzesi ha un nuovo inquilino di 17 tonnellate. Non è un cetaceo ma un datacenter subacqueo denominato Nothern Isles con su il logo Microsoft. Il mastodontico tubo d’acciaio è stato posizionato a 35 metri al di sotto del mare per il progetto Natick. La soluzione individuata astuta quanto innovativa ha l’obiettivo di risolvere l’oneroso problema dello spazio in cui posizionare un datacenter nonché tutte le problematiche relative al raffreddamento dello stesso.
Il Natick è un progetto che ha visto la luce già cinque anni fa. All’epoca si trattava di certo di un progetto ambizioso considerando le difficoltà che si sarebbero incontrate sul cammino. L’obiettivo prefissato è quello di migliorare la durata dei datacenter che sulla terraferma sono sottoposti a numerose intemperie. Corrosione da ossigeno e umidità, sbalzi di temperatura e urti provocati dagli utenti sono solo alcune delle variabili che possono contribuire al guasto delle apparecchiature. Inoltre questa soluzione garantirebbe una maggiore velocità di collegamento a tutte le popolazioni costiere che potrebbero a volte risentire della distanza dalle grandi server farm tradizionali.
Nella prima fase l’obiettivo era quello di verificare la fattibilità di gestire un intero datacenter subacqueo. Operare in remoto per lunghi periodi di tempo, con un livello elevato di efficienza energetica e di salvaguardare l’ambiente circostante erano i principali obiettivi della fase preliminare.
Con la fase numero due si vuole invece sviluppare un prototipo che possa essere replicato su vasta scala. Un modello che possa essere utilizzato come elemento modulare per aggregare tra loro datacenter sottomarini di dimensioni arbitrarie.
Il datacenter è stato inabissato nel 2018 e per due anni è stato monitorato da esperti per verificarne l’affidabilità. Il 9 luglio 2020, il Natick ha concluso la sua prima “missione” sottomarina. Una volta riportato in superficie, il datacenter è stato pulito, portato in laboratorio e smembrato dei suoi componenti per ulteriori analisi.
Tra i componenti rinvenuti, alcuni presentavano guasti al server ed ai relativi cavi. Il team di ricercatori pensano che controllare l’hardware malfunzionante li aiuterà a capire perché i server nel datacenter subacqueo sono otto volte più affidabili di quelli poiszionati sulla terraferma. Tra le ipotesi più gettonate vi è l’atmosfera carica di azoto, che è meno corrosiva dell’ossigeno, e l’assenza di persone che urtano e spingono i componenti. Se tali affermazioni trovassero un riscontro effettivo, si potrebbero tradurre i risultati ottenuti per migliorare i datacenter terrestri.
Il progetto Natick non è però il solo ad aver proposto una soluzione tanto originale.