ROBERT il protocollo per tracciare i contagi Covid-19

In questi giorni si aspetta una linea guida per la fase 2 italiana dell’emergenza Covid-19, nella quale pare saremo tutti tracciati con l’app Immuni. Molti cittadini hanno paura per il trattamento dei proprio dati, molti hanno paura di attacchi, uso illecito e hanno già deciso che non useranno l’app. Sotto altri punti di vista questo tracciamento è fondamentale per tenere sotto controllo i contagi, conoscere nuovi focolai, intervenire al più presto. Con queste applicazioni è possibile anche conoscere se si è venuti a contatto con qualcuno infetto e molti credono sia fornito il nome. A tal proposito un gruppo di ricercatori su privacy e sicurezza hanno sviluppato un protocollo per il rispetto della privacy: ROBERT.

ROBERT è l’acronimo di ROBust and privacy-presERving proximity Tracing protocol, basato su un’infrastruttura server federata e identificatori anonimi temporanei con forti garanzie di sicurezza e privacy. Il protocollo ROBERT per la prevenzione dei contagi Covid-19 è stato sviluppato da Inria e Fraunhofer AISEC.

Protocollo ROBERT: dettagli sulla privacy

La protezione dei dati avviene seguendo le regole del regolamento europeo GDPR. Saranno utilizzati solo i dati utili all’iniziativa PEPP-PT per avvisare gli utenti se sono entrati in contatto con soggetti infetti. Seguendo questo protocollo nessuna app memorizzerà i dati relativi alla geolocalizzazione ma solo i sintomi registrati da nickname (numeri random rappresentati nel progetto con forme geometriche).

Il gruppo di ricerca specifica inoltre che il protocollo è robusto ad attacchi sia al database sia all’utente da autorità centrali, altri utenti e malintenzionati. Nessun utente otterrà quindi informazioni degli utenti, neanche degli utenti con cui si è entrati in contratto. Infine l’autorità centrale non sarà in grado di ricevere nessuna informazione dell’utente diagnosticato o meno.

Nonostante le precauzioni di sicurezza, i ricercatori non negano che possano esserci utenti malintenzionati oppure un’autorità centrale curiosa in grado di incrociare i dati con altre tecnologie per cercare di risalire all’identità.

Interfaccia della fase di registrazione. Nessun nome anagrafico viene salvado ma solo nickname

Le 3 fasi del protocollo ROBERT

1. IDENTIFICAZIONE: l’applicazione comunica ai dispositivi vicini via Bluetooth il suo nickname. Una volta finita la fase di esplorazione il dispositivo salva localmente la lista dei nickname trovati.

L’immagine illustra come viene effettuata l’identificazione dei contatti

2. DICHIARAZIONE DI CONTAGIO: nel caso in cui il soggetto scoprisse di essere positivo, può decidere di comunicare la sua positività ai soggetti con cui ha avuto un contatto entro 2 settimane. In quel momento l’applicazione crea un etichetta di rischio sul nickname. Il nome non viene utilizzato.

L’immagine illustra la fase di dichiarazione della positività

3. RICHIESTA DELLO STATO: una volta che il soggetto positivo ha deciso di condividere il suo stato, l’autorità sanitaria riceverà la lista salvata in locale dei nickname con i quali c’è stato contatto. Non si conoscono però tutti i soggetti con cui è entrata in contatto la persona ma solo quelli riconosciuti via Bluetooth. Dati due soggetti positivi il server non può però capire se questi siano appartenuti alla stessa lista o meno.

L’immagine illustra la fase di richiesta dello stato di salute del soggetto

Il successo dell’algoritmo dipende molto dall’uso effettuato. I risultati infatti saranno diversi a seconda dell’uso effettuato dall’autorità sanitaria. Da ciò dipendono soggetti che devono essere testati al più presto e soggetti che devono andare o rimanere in quarantena.

Attualmente i ricercatori stanno studiando un modo per applicare il protocollo ROBERT nella prevenzione dei contagi da Covid-19 anche in soggetti sprovvisti di smartphone.