Chernobyl: la zona di esclusione vista dai droni
Un team dell’Università di Bristol ha realizzato una delle mappe più dettagliate riguardo la radioattività nella zona di esclusione vicino Chernobyl.
Per chi non lo sapesse, sono passati ben 33 anni dal disastro che il 26 aprile 1986 colpì la centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina, causando un incidente classificato come livello 7 nella scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici (INES), l’unico insieme a quello avvenuto nella centrale di Fukushima nel marzo 2011, in Giappone.
Dopo diverse indagini, le accuse dell’incidente ricaddero in parte sul personale, e in parte sui problemi relativi alla struttura e alla progettazione dell’impianto stesso.
In breve: le cause dell’incidente
Nel corso di un test definito di sicurezza, il personale violò volontariamente diverse norme di sicurezza (proprio per effettuare il test in questione), portando ad un brusco aumento della potenza e della temperatura del nocciolo del reattore 4 della centrale. Ciò provocò la rottura delle tubazioni del sistema di raffreddamento del reattore.
Il contatto dell’idrogeno, causato dalla scissione dell’acqua di raffreddamento, con la grafite delle punte delle barre di controllo (che furono inserite tutte d’un tratto dal personale per provare a fermare immediatamente il reattore), innescò una fortissima esplosione, provocando lo scoperchiamento del reattore e la dispersione di materiale radioattivo nell’atmosfera.
La ricerca del team dell’Università di Bristol
Dopo l’incidente, l’area attorno all’esplosione venne evacuata. Tutti i residenti nel raggio di 30 km dall’impianto, circa 116 000 persone, furono trasferiti.
Un piccolo gruppo dell’Università di Bristol ha raggiunto questa zona di esclusione, ad oggi visitabile tranquillamente dai turisti grazie a guide specializzate. L’obiettivo dei ricercatori è stato quello di realizzare, attraverso l’utilizzo di droni, una mappa delle radiazioni presenti in zona.
https://www.youtube.com/watch?v=_Eto98XTm-4
Per farlo hanno condotto varie analisi utilizzando tecnologie di spettrometria a raggi gamma, già utilizzate ad esempio a Fukushima dopo il disastro nucleare del 2011. In 10 giorni, sono riusciti a coprire un’area di 15 Km2 sfruttando 50 voli di droni.
Dal villaggio di Buriakivka alla Foresta Rossa
Il team è così partito da un villaggio a 13 Km dall’epicentro del disastro, Buriakivka, passando poi per Kopachi per arrivare così alla Foresta Rossa.
Quest’ultima, prima del disastro, era una pineta di circa 4 Km2 e oggi si presenta con un colore rosso per via delle forti radiazioni che ha subito e che continua a subire. Trovandosi a meno di 1 km dalla centrale nucleare di Chernobyl, è tutt’oggi una delle zone più radioattive al mondo.
I ricercatori hanno osservato che la radioattività della Foresta Rossa non è uniforme e che in alcuni punti è ancora molto elevata.
“Parte della radioattività è diminuita e i livelli in alcuni punti sono calati in maniera significativa”, ha dichiarato a Itv Tom Scott, a capo del progetto. “Ma ci sono alcuni radioisotopi che hanno un tempo di decadimento molto lungo e che sono ancora presenti e rimarranno in queste zone per molto tempo”.