[Arte e IA, episodio 10]
Hai già letto gli altri episodi? Abbiamo già parlato di musica!
Uno dei più grandi nomi nella storia della “composizione computerizzata” è quello di David Cope, professore emerito all’Università della California di Santa Cruz. Cope ha iniziato la propria carriera come musicista e compositore “tradizionale”, se così si può dire, creando centinaia di opere che sono state eseguite in tutto il mondo. Infatti, l’American Record Guide del 1982, disse di Cope che era uno dei compositori più ambiziosi, prolifici e multiformi di quella generazione.
Cope si avvicinò al mondo dei computer durante gli anni Settanta del secolo scorso, imparando a programmare e studiando il mondo dell’intelligenza artificiale. Applicando le sue nuove conoscenze in campo informatico alla musica, nel 1975 si dedicò alla sua prima composizione digitale, utilizzando un computer IBM a schede perforate.
In seguito frequentò il Summer Workshop in Computer Music a Stanford, studiando diversi linguaggi informatici, tra cui LISP, il linguaggio di programmazione standard nel campo dell’intelligenza artificiale. In quegli anni diventò insegnante del laboratorio sulla computer music algoritmica presso il Digital Arts Research Center dell’Università della California di Santa Cruz.
David Cope (2017). Credit: www.computerhistory.org
Nel 1981 gli venne commissionata un’opera, ma Cope era in piena crisi compositiva, quindi decise di dedicarsi alla programmazione di un software che potesse farlo al posto suo.
Il programma su cui lavorò prese successivamente il nome di EMI (Experiments in Musical Intelligence), o Emmy. Experiments in Musical Intelligence è un programma di analisi che compone nuovi brani nello stile della musica con cui è stato addestrato, senza replicare esattamente nessuno di quei pezzi.
Inizialmente Cope decise di programmare il computer inserendo delle regole musicali codificate, ma non ottenne dei risultati soddisfacenti, come si può capire dalle parole scritte sulla sua pagina web:
Stilare una serie di regole per ogni diverso genere musicale (o stile di un certo artista) sarebbe stato impensabile. Così, Cope, decise di cambiare approccio: non avrebbe più dovuto insegnare regole alla macchina, bensì istruirla facendole leggere le partiture di decine di composizioni di un determinato artista.
Per Cope il concetto chiave alla base della creazione di nuova musica in uno stile artistico ben definito è quello di recombinancy (che potremmo tradurre con “ricombinabilità”). Infatti, spiega Cope, così come tutti i più grandi capolavori letterari in lingua inglese non sono altro che combinazioni originali di sole ventisei lettere, anche la musica occidentale non è altro che la ricombinazione dei dodici toni della scala temperata su ottave diverse.
Ovviamente, la ricombinazione di “pezzetti” musicali senza il giusto criterio non produrrebbe altro che un ammasso di note difficilmente identificabile come musica. Secondo Cope, per riuscire a far creare al software una nuova composizione anche molto semplice, è necessaria un’analisi musicale approfondita.
Come spiega nel suo sito e nel libro Experiments in Music Intelligence (pubblicato nel 1996 dopo 15 anni di lavoro sul suo sistema informatico di generazione musicale) il software si basa su tre principi fondamentali, che sono la base anche per l’odierna composizione artificiale di musica:
Da quando venne commissionata l’opera a Cope nel 1981 a quando effettivamente andò in scena, passarono ben otto anni. Anche se, secondo l’artista, una volta completato il software, per avere l’opera pronta, sono bastati due giorni. Dopo la messa in scena, l’artista, si cimentò nel far scrivere a EMI numerose composizioni negli stili di varie leggende della storia della musica, addestrandola con pezzi di Bach, ma anche di Bartok, Brahms, Chopin, Gershwin, Joplin, Mozart o Prokoviev e di Cope stesso.
Da questi esperimenti, nel 1993, nacque l’album Bach by Design. Venne pubblicato nel 1995 dalla Centaur Records perché l’artista, per circa un anno, non riuscì a trovare un’etichetta abbastanza visionaria che lo affiancasse nella pubblicazione. In merito, Cope ha detto:
Anche trovare dei musicisti che riuscissero a suonare quella musica fu un’impresa per Cope, tanto che alla fine optò per far suonare i brani da un Disklavier, un pianoforte “automatico”. La scelta di far suonare l’intero album ad una macchina ha portato Cope a ricevere recensioni negative.
Dopo il primo album composto da EMI, Cope iniziò a far comporre al software molti altri brani. Per l’album successivo, Classical Music Composed by Computer, Cope si fece affiancare da musicisti umani per registrare le composizioni di EMI. L’album ha ricevuto recensioni migliori del primo e ha attirato l’attenzione di molti esperti sia di musica classica che di intelligenza artificiale.
Cope ha prodotto molti altri album utilizzando EMI, tra cui Virtual Mozart e Virtual Rachmaninov. Attraverso il software ha persino composto una sinfonia completa nello stile di Mozart, che è stata eseguita al “Baroque Festival” di Santa Cruz nel 1997.
Cope ha prodotto migliaia di altre opere usando EMI e molte di queste sono state in grado di ingannare alcuni dei più esperti fan di musica classica. Quindi, se pensassimo a un ipotetico test di Turing applicato in campo musicale, potremmo dire che EMI sia riuscita abbondantemente a superarlo.