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Biosensori riutilizzabili grazie al DNA origami: una nuova frontiera per le diagnosi rapide

Grazie alla scoperta del DNA origami, i nuovi biosensori messi a punto dai ricercatori, potrebbero rivoluzionare il campo della diagnostica.

Gli scienziati di Caltech, hanno sviluppato una nuova tecnica innovativa per la rilevazione rapida e precisa delle proteine, nei fluidi corporei, utilizzando un approccio noto come “DNA origami”. Tecnica che potrebbe rivoluzionare i sensori di bio-marcatori, rendendoli più economici, riutilizzabili, nonché facili da adoperare sul campo: eliminando, quindi, la necessità di inviare campioni ai laboratori. Il lavoro, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences”, mostra una via particolarmente promettente per il rilevamento, in un solo passaggio, di acidi nucleici e proteine.

L’origine del DNA origami risale al 2006, quando Paul Rothemund (professore di Caltech), ha introdotto per la prima volta la tecnica, che ha avuto un impatto significativo sulla nanotecnologia. L’origami del DNA consente, infatti, di piegare lunghi filamenti di DNA in forme precise, attraverso il processo di auto-assemblaggio: creando strutture su scala nano-metrica. Controllo, questo, che permette di progettare molecole in modo da ottenere strutture che vanno da semplici geometrie, a componenti funzionali come transistor.

L’origami del DNA si basa sull’auto-assemblaggio di filamenti di DNA. La cui idea principale è che sequenze di DNA complementari, vengano aggiunte a un lungo filamento di DNA (impalcatura), causando il suo piegamento in una forma desiderata. I ricercatori possono usare questa tecnica per creare strutture molecolari complesse (come quelle necessarie per i bio-sensori), senza il bisogno di metodi di fabbricazione complicati o costosi: rendendo quindi la tecnica, particolarmente utile in ambito diagnostico.

Nel nuovo studio, il team di Caltech ha utilizzato il DNA origami per costruire una struttura a forma di lillide, un disco piatto di circa 100 nanometri di diametro. Legato a un elettrodo d’oro tramite un linker di DNA, con brevi filamenti di DNA pronti ad attaccarsi a una molecola target (analita), come proteine o DNA. Quando l’analita si lega, la struttura cambia, creando una corrente elettrica misurabile, la quale aumenta con la concentrazione della molecola di interesse.

Vantaggi rispetto ai sensori tradizionali

Rispetto ai sensori basati su singoli filamenti di DNA, il nuovo sensore origami presenta vantaggi significativi. La struttura a lillide è più grande, e permette di ospitare un numero maggiore di reporter (molecole reattive) che generano un segnale più forte, facilmente rilevabile. Design che consente, quindi, anche di monitorare più facilmente molecole di dimensioni più grandi, come le proteine. In confronto a tecniche precedenti, che avevano capacità di rilevamento limitate.

Una delle caratteristiche più promettenti di questo sistema è la sua adattabilità. Per cui il sensore può esser modificato facilmente, e rilevare una varietà di molecole diverse. E aggiungendo nuove semplici molecole al sistema, i ricercatori possono trasformarlo per rilevare nuovi analiti, come aptameri o anticorpi. Il quale significa che il sensore può esser riutilizzato, senza la necessità di una progettazione completamente nuova, ogni volta (riducendo quindi i costi, e migliorandone l’efficienza).

Potenzialità grazie al DNA origami (Canva) – systemscue.it

Riutilizzo e applicazioni future

Il sistema di DNA origami, ha anche il vantaggio del riutilizzo. E sebbene la sua efficienza possa degradarsi lievemente con l’uso, si è dimostrato che il sensore sia riutilizzabile almeno quattro volte. Motivo per cui, in futuro siffatta tecnologia potrebbe avere un impatto significativo, nel campo della proteomica, permettendo l’analisi simultanea di centinaia di proteine (in poche ore), e con un solo dispositivo. Potenzialità con cui si potrebbe insomma rivoluzionare, il modo in cui vengono diagnosticati i disturbi legati alle proteine.

Ma oltre al potenziale relativo alla salute e alla diagnostica, i ricercatori hanno osservato che questa tecnologia potrebbe avere applicazioni persino per diversi settori, fra cui la ricerca biologica e la fisica dei materiali. Lo studio è stato supportato da importanti istituzioni, come l’Ufficio di ricerca dell’esercito, e la National Science Foundation. Mentre il team, ha lavorato con diverse università e istituti di ricerca, per sviluppare e perfezionare la metodologia in questione.

Published by
Anastasia Gambera