Apple tutela la privacy bloccando le pubblicità mirate: Facebook protesta
Gli smartphone sono i dispositivi che ci conoscono meglio. Sanno tutto di noi. E non ci rendiamo conto di tutto quello che conoscono su di noi. Apple si schiera a favore degli utenti, tutelando la privacy e schierandosi contro Facebook.
Solo dopo lo scandalo di Cambridge Analitica abbiamo intuito quanto siamo vulnerabili alla raccolta dati e sensibili a proteggere la nostra privacy. Tutelarci online non è mai stato facile, ma adesso Apple si sta impegnando sempre di più per proteggere i suoi utenti. L’azienda ha tutto l’interesse a farlo: produce dispositivi e non guadagna con i dati degli utenti, contrariamente a Facebook che basa gran parte del suo ricavato su questo.
Apple contro Facebook: la tutela della privacy
Proprio l’azienda di Zuckerberg ha recentemente iniziato una guerra contro Apple. La lite nasce dall’introduzione del divieto di tracciare gli utenti senza permesso da parte dell’azienda di Cupertino. Da qualche mese Apple ha introdotto altre misure che vanno in questa direzione: nell’App Store deve essere motivato ogni dato raccolto che sia connesso col tracciamento o con le funzionalità.
Per molte app il tracciamento è realizzato affidandosi a servizi esterni. Google Analytics è il prodotto più utilizzato e fornisce agli sviluppatori e alle aziende informazioni sui propri utenti. Gli stessi dati, però, restano a disposizione di Google che li usa “per i suoi scopi” e diventa proprietaria dei dati stessi. Cosa succede se utilizziamo diverse app o siti che utilizzano Google Analytics? Google si fa un’idea di noi molto più precisa. Le app hanno un profilo più accurato e aiutano l’azienda a raccogliere più dati. Ecco perché Google offre gratis questo servizio, ma Apple vuole bloccare il fenomeno.
Facebook, dal lato suo, traccia i suoi utenti con i suoi algoritmi e raccoglie i dati dalle diverse app (Messenger, Instagram e Whatsapp) e dai siti web che ospitano i suoi banner. Apple vuole rendere obbligatorio il consenso dell’utente per sottoporsi al tracciamento e per condividere dati con terze parti. Senza consenso l’utente non deve essere tracciato e i suoi dati non devono essere condivisi, andando contro alle normali attività di Facebook.
EFF: “La pubblicità mirata è davvero migliore?”
Facebook ha protestato e comprato pagine di giornali, sostenendo che le piccole imprese avrebbero difficoltà a fare pubblicità efficaci con le nuove regole. Una protesta che Eletronic Frontier Foundation, organizzazione no profit che difende i diritti digitali, ha definito “ridicola” e contro gli utenti. In una nota scrive: “Applaudiamo Apple per questo cambiamento. Facebook ha costruito un impero attorno al tracciare tutto quello che facciamo. Questa nuova funzione è un passo avanti per Apple che riduce l’abuso degli sviluppatori, dando a gli utenti consapevolezza e controllo sui loro dati personali”.
EFF riprende uno studio della “Association of National Advertisers” dove si stima che per ogni dollaro speso in pubblicità gli inserzionisti si portano a casa tra i 30 e i 40 centesimi. Il resto va ai cosiddetti “data brokers” che collezionano ulteriori dati sui consumatori. Alcuni di essi li conosciamo bene: sono Google e Facebook, ma come continua a notare EFF molti altri data brokers rimangono più “opachi” e sconosciuti.
La pubblicità mirata è tariffata come un’asta legata a domanda e offerta: se una categoria di utenti è più ambita si pagherà di più per fargli visualizzare un’annuncio. Il sistema è più vantaggioso per chi ha maggiori capacità di spesa e questo limita l’innovazione. Alcune piccole imprese che si occupano di pubblicità hanno raccontato che la mancanza di assistenza e il blocco degli account, portato avanti da Facebook, sia un danno per le loro imprese.
Anche Mozilla, il produttore del browser Firefox, si schiera dalla parte di Apple, invogliando gli utenti ha firmare una lettera per comunicare ad Apple il loro sostegno.
Articolo a cura di Dario Puligheddu