Apple e gli studi sulla prevenzione di malattie
All’inizio di questo mese Apple ha annunciato tre innovativi studi sulla salute. Sappiamo come da tempo infatti il colosso mondiale investa in questo settore in continua crescita, con lo scopo di sostenere e promuovere la prevenzione, la diagnosi, il trattamento e il monitoraggio delle malattie e la gestione della salute e dello stile di vita. E questo lo fa mediante l’utilizzo del dispositivo indossabile Apple Watch, che monitora lo stile di vita delle persone ed aiuta a registrare i dati.
Il CEO di Apple, Tim Cook, ha recentemente dichiarato che in futuro, guardando indietro nella storia della società:
“Il più grande contributo di Apple all’umanità sarà nella salute”.
I tre nuovi studi riguardano l’udito, la salute delle donne e la correlazione tra cuore e movimento. In collaborazione con importanti istituti accademici e di ricerca, Apple sta raccogliendo tutti gli studi nell’app Research disponibile al download gratuito sull’App Store nel corso dell’anno. Chi vi prenderà parte (del tutto volontariamente) contribuirà a potenziare le scoperte mediche e a creare la prossima generazione di innovativi prodotti per la salute.
Apple Research è un’app che consente agli utenti di offrire i propri dati a beneficio della ricerca scientifica. I ricercatori, una volta avviato un progetto approvato da Apple, hanno la possibilità di attingere ai dati utili alla ricerca (su base anonima) per avere facilmente ed in breve tempo a disposizione un altissimo numero di informazioni sulle quali applicare le proprie teorie.
Women’s Health Study
Lo studio di Apple sulla salute delle donne è nato dalla collaborazione della Harvard T.H. Chan School of Public Health e il National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS).
“Le donne costituiscono la metà della popolazione mondiale, eppure ancora oggi gli investimenti nello studio delle loro esigenze sanitarie specifiche sono stati limitati”, ha detto Michelle A. Williams, un’epidemiologa riproduttiva e preside della facoltà della Harvard T.H. Chan School.
L’obiettivo è quello di creare uno studio a lungo termine incentrato sui cicli mestruali e sulle condizioni ginecologiche. Questo studio comprenderà lo screening e la valutazione del rischio di condizioni come la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), l’infertilità, l’osteoporosi, la gravidanza e la transizione alla menopausa.
Heart’s and Movement Study
Il secondo studio è frutto della collaborazione di Apple con il Brigham and Women’s Hospital e l’American Heart Association per ciò che riguarda la correlazione fra la frequenza cardiaca e i segnali di mobilità – come l’andatura e i piani di scale saliti – e i ricoveri, le cadute, la salute cardiaca e la qualità della vita al fine di promuovere un movimento salutare e una migliore salute cardiovascolare.
Non è il primo studio sul cuore promosso da Apple, in quanto già nel 2017 era cominciato il programma “Apple Heart Study”
“Grazie all’Apple Heart Study, abbiamo capito di poter avere un impatto positivo sulla ricerca medica in modi che aiutano i pazienti di oggi ma che sono anche in grado di lasciare contributi che andranno a beneficio delle generazioni future”, ha detto Jeff Williams, Chief Operating Officer di Apple.
Lo studio aveva come obiettivo quello di valutare l’efficacia del cardiofrequenzimetro integrato nei dispositivi Apple Watch come strumento preventivo di tutela della salute. Apple Watch mostra una notifica nel momento in cui viene individuato un battito anomalo, possibile sintomo di una fibrillazione atriale.
Oltre 400.000 sono stati gli utenti coinvolti in otto mesi, da tutti i 50 stati USA. E la ricerca mirava a sperimentare l’impiego di una tecnologia non invasiva per la rilevazione di patologie che spesso vengono ignorate poiché asintomatiche. La volontà è quella di arrivare un giorno a identificare le anomalie in tempo, così da poter intervenire in modo preventivo, con ovvi benefici sia per la salute del paziente sia per la gestione delle risorse del sistema sanitario.
Hearing Study
Terzo studio condotto da Apple è quello riguardante l’udito ed è il primo a raccogliere dati nel corso tempo per capire come l’esposizione quotidiana al suono possa avere un impatto sull’udito. I dati dello studio saranno anche condivisi con l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come contributo alla sua iniziativa Make Listening Safe. Lo studio è condotto insieme all’Università del Michigan.
Ma non è tutto…
Questi tre sono le tre ricerche principali promosse ultimamente da Apple, ma non va dimenticato uno studio precedente condotto dai ricercatori della mela che, in collaborazione con l’azienda farmaceutica Eli Lilly, si sono chiesti se con un Apple Watch fosse possibile rilevare i segni di una demenza.
Quest’ultimo studio è però leggermente diverso dai precedenti poiché non si basa sull’analisi di dati fisiologici, ma bensì si chiede se sia possibile rilevare con dispositivi tecnologici connessi indossabili (e non solo), i primi segni di demenza individuando segni di declino cognitivo.
Questa ricerca è stata condotta riunendo due gruppi di persone ai quali sono stati dati un iPhone, un Apple Watch e Beddit (un tracker del sonno). Il primo gruppo era composto da 31 persone affette da vari stadi di demenza, mentre il secondo gruppo, quello di controllo, da 82 persone sane. La ricerca, pubblicata sulla rivista KDD ’19 Proceedings of the 25th ACM SIGKDD International Conference on Knowledge Discovery & Data Mining, è durata 12 giorni e i dati hanno fatto emergere come le persone affette da demenza scrivano più lentamente, in maniera irregolare e mandino meno messaggi rispetto ai partecipanti sani. Inoltre, si affidavano maggiormente alle app di supporto, e si sono rivelate meno propense a partecipare ai sondaggi.
Come ha spiegato Christine Lemke, una dei referenti, alla CNBC:
“Con questa ricerca abbiamo approfondito i dati relativi ai comportamenti quotidiani, come quelli ricavati da iPhone, Apple Watch e i monitor del sonno Beddit, per capire se in base a questi fosse possibile riconoscere le persone affette da una demenza cognitiva media o da uno stadio iniziale di Alzheimer rispetto a quelle sane”.